Il drago come realtà

Sfida del bersaglio 2012, sfida infinita 2012, sfida dei buoni propositi 2012, sfida della non-narrativa 2012, sfida incrociata 2012, sfida solo donna 2012

Autore: Silvana De Mari
Anno di pubblicazione: 2007
Editore: Salani
Pagine: 148

Iniziato il: 30 maggio 2012
Terminato il: 30 maggio 2012
Valutazione: ★★★★
La letteratura fantastica è la prima che compare in ogni popolo. La prima cosa scritta su questo continente contiene la parola “ira”: “L’ira funesta cantami, o Diva, del Pelide Achille”.
(incipit)


Sono rimasta molto colpita da questo libro; mi aspettavo un saggio sulle fiabe, sulle loro origini, sulla loro evoluzione e invece ho trovato molto di più, qualcosa che proprio non mi aspettavo: ho trovato un libro in cui l’autrice grida tutta la sua indignazione per le mostruosità del presente e del passato.

In alcuni punti in effetti la De Mari si lascia molto andare rispetto a quanto ci si aspetti solitamente in un saggio, che dovrebbe essere il più possibile neutrale, però i temi sono troppo importanti per non arrabbiarsi. All’interno delle fiabe, infatti, si trova la rappresentazione della realtà, una realtà che si modifica con il passare dei secoli, e che viene sempre riflessa nei racconti che sono il porto sicuro di chi sa di poter trovare almeno lì un lieto fine. Ad esempio, le fiabe di Pollicino e di Hansel e Gretel sono nate in un’epoca in cui non era raro che i bambini venissero abbandonati o strappati alle loro famiglie, che si ritrovassero succubi di una matrigna perché la madre era morta di parto, che addirittura le guerre e le carestie portassero al cannibalismo (tanto che sono stati ritrovati documenti che vietavano espressamente di nutrirsi di cadaveri di bambini) e all’interno di queste fiabe si ritrovano i temi dell’abbandono, della povertà, la paura di essere in balia dell’Orco o della Strega di turno. Anche nei romanzi fantastici moderni si ritrova una trasposizione della realtà: nel “Signore degli Anelli” si rivive la Seconda Guerra Mondiale, l’oppressione dei totalitarismi e la paura per la distruzione del mondo.

I temi affrontati dalla De Mari sono moltissimi, dai roghi delle streghe agli ebrei deportati ai morti nei gulag russi, dalla violenza sui bambini a quella sulle loro madri, dalle Crociate agli attentati terroristici, tutti orrori che fanno sentire la propria eco nella narrazione fantastica proprio perché questa è l’unica che permette di affrontare il dolore e le sofferenze senza dovercisi scontrare davvero.

Il libro è pieno di spunti e di riferimenti bibliografici molto interessanti che sono entrati tutti diretti nella mia wishlist insieme al libro stesso, dato che il volume che ho letto l’ho preso in prestito in biblioteca ma ho tutta l’intenzione di comprarlo.

L’unico aspetto che mi ha lasciato un po’ perplessa è il riferimento, che compare molte volte, che la De Mari fa ai suoi stessi libri: può andare bene una volta e solo se affiancato all’analisi di molti altri romanzi fantastici contemporanei, mentre nel volume l’autrice cita e rimanda più volte ai suoi stessi libri e cita in modo approfondito due sole opere fantasy, ovvero “Il Signore degli Anelli” e “Harry Potter”. Questo mi ha fatto pensare ad un tentativo di far incuriosire il lettore e fargli acquistare i suoi romanzi, però magari sono io che sono sempre prevenuta…

In realtà la fiaba, la narrazione fantastica senza alcuna pretesa di verosimiglianza, nata dal basso, spontanea e anonima, proprio per il suo contenuto fantastico e per il lieto fine che c’è sempre, è in assoluto la narrazione che è più vicina alla realtà storica: è l’unica narrazione dove la realtà storica, di qualsiasi tipo, sia stata rappresentata.
Nelle fiabe essa [la miseria] è da sempre uno dei protagonisti, insieme alla fame, alla paura, all’infanticidio, all’idea che i bimbi possano essere scacciati, allontanati, venduti, scambiati, abbandonati in un bosco buio dove un Orco orrendo li mangerà per cena, a meno che una fila di sassolini che brillano sotto la luna non li riporti a casa dove nessuno li vuole. Noi non abbiamo idea di cosa sia stata sul nostro suolo la vita dei bambini.
Ci dice Kafka che la realtà non può essere guardata in faccia, abbiamo bisogno di un velo che la copra. Quel velo può essere il genere fantastico. Diceva Italo Calvino: la fantasia è come la marmellata, uno non se la può mangiare a cucchiai, perché dopo il terzo cucchiaio ne ha fino qui. La marmellata va messa sul pane, cioè va messa su un sapore diverso: “la fantasia va messa su qualcosa di reale”.
La maternità umana è sempre un incrocio tra il dubbio sulla scelta da fare e il senso di colpa per la scelta fatta. [...] Noi abbiamo rinunciato alla certezza di sapere sempre qual’è la cosa giusta, per diventare uomini.
La fantasy ci evita una tragedia che invece è la nostra tragedia permanente: cercare di capire quale sia la parte giusta, quale quella sbagliata. Ogni tanto ci guardiamo tutti in faccia e ci chiediamo come abbiamo fatto a bruciare le streghe in piazza, o mettere i bambini sui treni per Auschwitz.

A letto con Maggie


Titolo originale: In her shoes
Autore: Jennifer Weiner
Anno di pubblicazione: 2003 (2002)
Editore: Piemme
Pagine: 463

Iniziato il: 27 maggio 2012
Terminato il: 28 maggio 2012
Valutazione: ★★★★
Come si chiamava quel tipo? Ted o Tad, insomma, qualcosa del genere. Un monosillabo da dimenticare. Fatto sta che Ted o Tad, con la sua barba da porcospino le stava irritando il collo, e nel frattempo le pigiava una guancia contro la parete del cesso.
(incipit)

Ho letteralmente divorato questo libro al quale probabilmente non mi sarei mai avvicinata se non avessi visto il film con Toni Collette e Cameron Diaz: il titolo italiano, infatti, mi avrebbe respinta lontana mille miglia, dato che lascia immaginare che si raccontino le avventure erotiche di una certa Maggie. In realtà il romanzo è piacevolissimo e non c’è nulla di erotico nel suo contenuto: è vero che Maggie se la spassa un po’ troppo e decisamente con troppi uomini, ma non si entra mai nel dettaglio e tutto ciò che viene raccontato degli incontri amorosi della ragazza è limitato a ciò che è davvero importante ai fini della trama (per intenderci, niente capezzoli turgidi alla Tracy Chevalier che tanto mi avevano infastidito).

La trama racconta la storia di Maggie e Rose, due sorelle orfane di madre che non potrebbero essere più diverse: Rose è un’avvocato in carriera, intelligente, seria, un po’ cicciottella e non cura molto il suo aspetto fisico. Non ha un gran gusto nel vestire ma adora le scarpe e ne possiede decine e decine di paia, di tutti i tipi. Maggie è tutto l’opposto: bellissima e consapevole di esserlo, adora fare shopping, è irresponsabile e sempre in bolletta in quanto non è capace di tenersi un lavoro per più di un mese. Il già precario equilibrio tra le due ragazze crolla definitivamente quando Maggie compie un gesto davvero spregevole andando a letto con il fidanzato di Rose.

Il romanzo è narrato da tre punti di vista differenti (quello di Rose, quello di Maggie e quello di Ella, la nonna che le ragazze non hanno mai conosciuto) e ciò ha permesso all’autrice di affrontare in modo approfondito il percorso di crescita delle tre donne, che per tutte è molto importante e profondo: tutte e tre hanno qualcosa da sistemare prima con sé stesse e poi tra loro, e il modo in cui la Weiner intreccia le loro dinamiche è efficace e appassionante.

La differenza con il film sta soprattutto in ciò che accade a Maggie dopo la fuga da casa di Rose: mentre nel film si reca subito a casa della nonna in Florida, nel romanzo la ragazza trascorre un periodo come clandestina nel primo luogo che le viene in mente e che giocherà un ruolo fondamentale nel suo percorso di crescita: il campus universitario di Princeton, dove sua sorella si è laureata in giurisprudenza e dove Maggie riesce a mimetizzarsi perfettamente con gli altri studenti prima di essere scoperta.

Su internet ho scoperto che per questo romanzo esiste una “Reading Group Guide”, ovvero una guida per i Gruppi di Lettura con una serie di domande che aiutano a riflettere su ciò che si è letto. La cosa mi ha incuriosita e ho deciso di provare a dare le mie risposte che possono essere lette aprendo lo spoiler (attenzione perché contengono un sacco di rivelazioni sulla trama). Il link al sito sul quale ho trovato le domande è questo. Le domande sono state liberamente tradotte da me.

Readin Group Guide

Rose riagganciò. Sua sorella era come quello stramaledetto giocattolo, come si chiamava, “Ercolino sempre in piedi”. Traballava, faceva casino, ti rubava le scarpe, i soldi e il fidanzato, ma non cadeva mai e poi mai.

Una sposa conveniente

sfide: sfida solo donna 2012, sfida della francofonia 2012, sfida infinita 2012, sfida salva-comodino 2012

Titolo originale: L’heure de Juliette
Autore: Elsa Chabrol
Anno di pubblicazione: 2011 (2008)
Editore: Sperling&Kupfer
Pagine: 301

Iniziato il: 24 maggio 2012
Terminato il: 27 maggio 2012
Valutazione: ★★★★
«Centouno anni, un mese e quattro giorni…»
Juliette controllava il calendario ogni mattina alla stessa ora. Subito dopo aver finito il suo caffè di cicoria.
(incipit)
Nonostante la trama mi avesse colpito fin da subito, non pensavo che questo romanzino mi sarebbe piaciuto così tanto e invece è stata una lettura di quelle che mettono allegria e che ti fanno passare alcune ore in serenità.

La storia è per la maggior parte narrata dal punto di vista di Juliette, un’ultracentenaria incredibilmente sveglia che nonostante la sua salute di ferro è fermamente convinta che ogni giorno sia il suo ultimo, o almeno così fa credere ai suoi compaesani, potendo in questo modo far leva sulla possibilità di restarci secca da un momento all’altro per ottenere tutto quello che vuole. Dal suo punto d’osservazione alla finestra del salotto, Juliette tiene d’occhio tutto il paese, e ogni giorno si intrattiene studiando i movimenti dei suoi compaesani; movimenti estremamente rari, perché da alcuni anni ormai il paese si è come addormentato, e l’isolamento ha spinto gli abitanti a ritirarsi sempre di più nelle loro case e ormai non ci si parla più nemmeno tra vicini di casa. Pierrot è l’unico che riesca a mantenere dei buoni rapporti con tutti i compaesani a causa del suo ruolo di tuttofare, e così quando dopo la morte della madre annuncia di voler cambiare vita, allontanarsi dal paesino e costruirsi una famiglia, gli abitanti di Poulignac sono costretti ad unire di nuovo le proprie forze per trovargli una moglie. Ma come fare? Ovvio, su internet! Così la vecchia camera del padre di Juliette si riapre a nuova vita divenendo il quartier generale dell’operazione.

Il piano che gli abitanti di Poulignac elaborano e mettono in pratica è contemporaneamente geniale e folle ed è davvero divertente vedere questi vecchietti alle prese con le tecnologia; l’aspetto più tenero e simpatico, però, è vedere le dinamiche che nascono (o meglio, che si ristabiliscono) tra queste persone che si conoscono da decine di anni ma che si sono completamente perse di vista nonostante abitino a un metro di distanza l’uno dall’altro. Alcuni personaggi, poi, sono davvero fantastici, come La Talpa (in paese, infatti, ognuno ha un soprannome), una novantenne con un passato da bigotta che dopo un ictus realizza di non voler morire vergine e rimangono davvero nel cuore.

L’autrice è una sceneggiatrice, e si sente: leggendo il romanzo mi sembrava di guardare una di quelle deliziose commedie francesi leggere e divertenti che alla fine ti lasciano un senso di soddisfazione e di serenità. Se ne dovessero fare un film lo vorrei vedere subito.
Franz, allora, pensò che si era sbagliato di grosso sul conto della centenaria. Non era né rincitrullita, né morente, né fragile. Era una temibile stronza.
«Oh, non è come pensa lei! Io non cerco la scappatella, come si dice. Io intendo costruire. Una famiglia, una vita. La mia vita. Qui, tutto sta morendo, signora Juliette. Lei lo sa meglio di chiunque altro, no? Gli orti sono in abbandono, le case diventano ruderi…»
«Si, e non soltanto le case…» disse lei indicando se stessa.
«Forse, ma io, signora Juliette, io ho l’impressione di essere circondato da persone che stanno concludendo la loro vita, mentre io non ho ancora cominciato la mia. Capisce? Sarebbe davvero stupido non aver avuto una vita, no? Sicché voglio andarmene. Provarci. E’ una cosa tanto brutta?»

La sfida della mummia [Serie di Amelia Peabody, #1]

sfide: sfida del mistero, sfida salva-comodino, sfida dell’alfabeto, sfida infinita, sfida solo donna

Titolo originale: Crocodile on the Sandbank
Autore: Elizabeth Peters
Anno di pubblicazione: 2006
Editore: Editrice Nord
Pagine: 304

Iniziato il: 20 maggio 2012
Terminato il: 23 maggio 2012
Valutazione: ★★★ e mezzo
Quando incontrai Evelyn Burton-Forbes lei era sulla strada a Roma…
(incipit)

Uno dei miei buoni propositi di quest’anno era non iniziare una nuova saga limitandomi a proseguire quelle attualmente in corso (che secondo i miei calcoli dovrebbero essere 11, quindi avrei avuto il mio bel da fare anche se mi fossi fermata a quelle). Purtroppo, mentre percorrevo stoicamente la retta via, mi sono scontrata con la libreria di mia nonna e proprio lì in prima fila spiccava questo romanzo, il primo di una serie che avevo già inserito da tempo in wishlist, e a quel punto non ho potuto farci più nulla: è entrato da solo sgambettando nella mia borsa ed è venuto a casa con me (insieme ad altri due, di cui uno fa parte di un’altra saga ancora… insomma, è un circolo vizioso da cui non uscirò mai).

Dopo i Buddenbrook avevo bisogno di una lettura fresca e leggera e con Elizabeth Peters ho trovato proprio quello che cercavo: una protagonista simpatica, una spruzzata di mistero e una trama facile da seguire, il tutto inserito in una cornice meravigliosa come può essere quella dell’Egitto ottocentesco (quindi ancora incontaminato e senza tutti quegli orribili villaggi turistici). Il romanzo, infatti, è ambientato in epoca vittoriana e Amelia Peabody, la protagonista, è una ricca ereditiera allergica al matrimonio e con la passione per l’archeologia che decide di spendere il suo bel patrimonio viaggiando e visitando una terra che da sempre la affascina: l’Egitto. Poco prima della partenza Amelia incontra Evelyn, una bellissima ragazza inglese sedotta e abbandonata da colui che amava, e la elegge sua compagna di viaggio; così le due donne si avventurano nella terra dei faraoni dove, accompagnate dal fedele servitore Michael, si uniranno alla spedizione dei due fratelli archeologi Richard e Walter Emerson. Durante gli scavi, però, sorge un problema: una spaventosa mummia appare nei pressi del loro accampamento e terrorizza gli operai. Naturalmente spetta ad Amelia risolvere il mistero.

Lo dico subito, il romanzo è una serie infinita di cliché letterari (la zitella anticonformista che proclama la sua indipendenza, l’amica dolce e remissiva che dimostra un’inaspettata determinazione, il personaggio burbero il cui comportamento è solo una maschera per nascondere i suoi sentimenti e il bravo ragazzo timido e riservato che si innamora dell’amica dolce) e il mistero della mummia è facilmente intuibile fin dall’inizio ma la lettura è scorrevole e piacevole, i personaggi sono simpatici e la ricostruzione dell’Egitto ottocentesco è affascinante, anche se rimane sempre piuttosto in secondo piano dato che la maggior parte dell’azione di svolge nell’isolato accampamento degli archeologi ad Amarna, la città del faraone “monoteista” Amenofi IV (del quale ho imparato molto leggendo i romanzi di Ramses di Christian Jacq).

Probabilmente questo è uno dei classici libri che se letti nel momento giusto sono una boccata d’aria fresca, se letti nel momento sbagliato, invece, lasciano intravedere tutti i loro limiti e rischiano di trasformarsi in grosse delusioni. Mi viene però da pensare che, siccome la saga è composta da ben 19 romanzi (dei quali 6 sono inediti in Italia), è possibile che proseguendo con i volumi ci si trovi di fronte ad un’evoluzione delle trame e dei personaggi.
Suppongo che il matrimonio si addica ad alcune donne; poverette, che altro possono fare? Ma perché una donna autonoma e intelligente dovrebbe scegliere di sottomettersi ai capricci e alle angherie di un marito? Vi assicuro che non ho ancora incontrato un uomo assennato quanto me.
(Amelia Peabody)

I Buddenbrook

sfida: alfabeto, infinita, mattonazzi, premi nobel, salva-comodino, obiettivo 2012, incrociata

Titolo originale: Buddenbrooks - Verfall einer Familie
Autore: Thomas Mann
Anno di pubblicazione: 2006
Editore: Einaudi
Pagine: 692

Iniziato il: 04 febbraio 2012
Terminato il: 16 maggio 2012
Valutazione:★★★★★
- Com'è...? com'è...?
- Eh, diavolo, c'est la question, ma très chère demoiselle!
La moglie del console Buddenbrook, seduta accanto alla suocera sul sofà rettilineo laccato di bianco e adorno di una testa di leone dorata, con i cuscini ricoperti di stoffa giallochiara, gettò uno sguardo al marito nella poltrona al suo fianco e venne in aiuto della figlioletta, che il nonno teneva sulle ginocchia, presso la finestra.
(incipit)


Di seguito i commenti alle singole parti del gdl
(clicca sui titoli per leggere il contenuto)

I Tappa - Parte 1, Parte 2
Il romanzo inizia trasportando il lettore a casa della famiglia Buddenbrook, i cui membri si stanno per riunire per una cena alla quale sono invitati anche alcuni amici intimi. L'atmosfera è rilassata e serena, e Mann ci permette di guardarci attorno ammirando il prezioso arredamento e osservando meglio gli abitanti di quella casa: vi sono il console Johann Buddenbrook e la moglie Elisabeth, i genitori di lui, il vecchio Johann Buddenbrook e Madame Antoinette e la piccola di casa, Antonie, detta Tony. In questa occasione ci vengono inoltre presentate la governante Ida Jungmann e Klothilde, una nipote del vecchio Johann Buddenbrook che veniva educata in casa dei parenti in quanto proveniva da un ramo povero della famiglia. Giunta l'ora di cena, si uniscono alla compagnia anche i due figli maschi del console e della consolessa, Thomas e Christian, e i suoceri, i Kroger, oltre ad alcuni amici di famiglia. Tutta la prima parte è dedicata alla descrizione di questa cena, ai discorsi, alle battute, il tutto in un'atmosfera di serenità e allegria. L'unica nota stonata è una lettera che a fine cena il console presenta al padre, tramite la quale veniamo a sapere dell'esistenza di un altro figlio del vecchio Buddenbrook, Gotthold, con il quale però il padre ha dei forti contrasti, apparentemente a causa della decisione di Gotthold di aprire un negozio e che per questo è stato completamente escluso da qualsiasi diritto a rivendicare un'eredità. Anche se in questa prima parte non accade nulla di particolare, il romanzo mi ha catturata immediatamente, probabilmente grazie alle efficacissime descrizioni di cui Mann riempie le pagine: mi sembrava davvero di essere a tavola con i Buddenbrook e di mangiare insieme a loro tanto che, avendo iniziato a leggere poco prima di cena, mi è anche venuta una gran fame.

Nella seconda parte scopriamo che i Buddenbrook possiedono un diario nel quale da generazioni ogni discendente annota gli eventi importanti per la famiglia. Proprio dalla lettura che il console fa di questo diario veniamo a sapere che dietro all'ostilita di Johann Buddenbrook senior nei confronti del figlio maggiore Gotthold si nasconde un motivo ben più profondo di un matrimonio non approvato: la madre di Gotthold, prima e amatissima moglie di Johan Buddenbrook padre, è morta infatti dando alla luce il bambino che fin dal primo momento è stato visto con odio dal padre. A dire la verità, sono rimasta un po' perplessa per quanto riguarda il rapporto tra i due fratelli perché non capisco come mai il console Buddenbrook, che esprime la sua perplessità di fronte al comportamento del padre, decida comunque di appoggiarlo nella sua decisione di non fornire a G. l'indennizzo che chiede. A parte queste questioni economiche, in questa parte si susseguono parecchi avvenimenti: prima la nascita della piccola Klara, figlia del console e della consolessa, seguita poi dalla morte di entrambi i genitori Buddenbrook e dal riappacificamento dei rapporti tra i fratelli, per finire con l'ingresso di Thomas nell'azienda di famiglia. Impariamo anche a conoscere meglio il carattere dei vari personaggi, soprattutto quello di Tony che diventa sempre più insopportabile con il suo atteggiamento superiore, ma Mann ci riserva anche dei momenti divertenti, come la discussione tra i coniugi Buddenbrook a proposito dell'assunzione di un nuovo domestico e le marachelle di Christian a scuola.
"Maurizio di Sassonia/la Pompadour beata/portava un giorno a spasso/nella carrozza aurata./Frèlon vide la coppia;/ridendo li guardò./«Ecco del re la spada/...e il fodero, osservò.»"
Il console salì al suo appartamento e il vecchio scese, brancolando lungo la ringhiera, al piano ammezzato. Poi l'ampia vecchia casa si rinchiuse nelle tenebre e nel silenzio. Orgogli, speranze e timori s'acquetarono, mentre fuori nelle strade deserte la pioggia scrosciava e il vento d'autunno fischiava intorno agli spigoli e ai frontoni.
Si dica ciò che si vuole, ma è piacevole svegliarsi al mattino in una camera spaziosa tappezzata di stoffa chiara e col primo gesto della mano sfiorare una pesante trapunta di raso; e chi non godrebbe di vedersi servire alla prima colazione, nella stanza che dà sul terrazzo, mentre l'aria mattutina entra dal giardino per la vetrata aperta, una tazza di cioccolata invece del solito tè o caffè , una vera cioccolata da compleanno con una grossa fetta di foccacia fresca?
Andava per la città come una piccola regina che si riservi il diritto d'essere crudele o benigna, secondo il gusto e l'umore. (Tony)


II Tappa - Parte 3
Che bella questa terza parte! Mi è piaciuta moltissimo, anche se mi ha contemporaneamente fatto arrabbiare e in alcuni momenti ho addirittura dovuto resistere all'impulso di chiudere il libro e gettarlo via dal nervoso.
Inizialmente Tony mi ha fatto una gran pena, assediata com'era da ogni lato, addirittura da quel fetente di prete che fa una predica su misura apposta per farla decidere a sposare Grünlich, costretta a sentirsi in colpa per non voler sposare non solo un uomo che non ama, ma addirittura uno che disprezza, un insignificante, falso, lecchino con le basette probabilmente tinte. Infine, dopo un fugace innamoramento per un giovane studente conosciuto in vacanza, decide di adeguarsi al suo ruolo di figlia di borghesi con l'obbligo morale di contribuire al prosperare della ditta di famiglia. Ciò che mi ha fatto arrabbiare della scelta di Tony è stato che nel momento in cui posa la penna col la quale ha registrato la sua decisione sul diario di famiglia, lei cancella qualsiasi opposizione della sua mente a quel matrimonio e si fa anzi prendere dall'entusiasmo per i preparativi della cerimonia, l'acquisto del corredo e le fantasie sulla sua futura agiatezza. So di sbagliare, ma dopo aver letto Anna Karénina, avendo ancora in mente questa donna appassionata che vuole vivere i propri sentimenti, non riesco ad accettare il comportamento di Tony senza soffrirne (lei sceglie il matrimonio di convenienza a mente lucida, Anna era invece convinta di amare Karénin finché non ha conosciuto Vronskij). Il mio lato romantico ha sperato che alla fine Tony si sarebbe rifiutata definitivamente di sposare Grünlich, ma il mio lato romantico non aveva compreso il ruolo di Tony in questo romanzo, che con il suo comportamento incarna la vera essenza della famiglia e non avrebbe mai agito altrimenti.
Resta il fatto che ho un pessimo presentimento su Grünlich, perchè il suo comportamente è molto sospetto: le tenta davvero tutte pur di agguantare quel "si", e la sua improvvisa comparsa dagli Schwarzkopf dove Tony sta trascorrendo le vacanze, sembra quasi il gesto di un uomo preso dall'angoscia che si rende conto che il suo futuro gli sta sfuggendo di mano (perchè se fosse stato davvero innamorato di Tony avrebbe parlato con lei, non con i genitori di Morten). Questa mia sensazione è aggravata dal fatto che appena riesce ad ottenere il matrimonio, scompaiono improvvisamente tutte le manifestazioni d'amore e devozione nei confronti della moglie.
Alla fine della parte ci viene rivelato che anche Tom ha una relazione con una ragazza di origini modeste che lavora in un negozio di fiori, e il ragazzo compie la stessa scelta della sorella separandosi dalla fioraia prima della sua partenza per il tirocinio ad Amsterdam.
Se dice di si, avrà trovato il suo posto, si sistemerà per benino, come piace a lei, e dopo un giorno o due amerà suo marito... Grünlich non è una bellezza, mio Dio, no di certo... ma tuttavia è presentabilissimo, e in fin dei conti non si può pretendere un corvo bianco, se mi passi quest'espressione!... Se vuole aspettare che si presenti uno che sia un Apollo e insieme un buon partito... be', faccia pure!
(Johann Buddenbrook alla moglie)
Tacquero a lungo, mentre il mare innalzava verso di loro la sua voce, grave, tranquilla... e a Tony parve improvvisamente di trovarsi unita con Morten in una grande, imprecisa, presaga e nostalgica comprensione di quello che significhi "libertà".


III Tappa - Parte 4
Ecco che con la parte IV la Storia entra per la prima volta nella vita dei Buddenbrook nella veste di una rivoluzione cittadina nel 1848. Purtroppo (per il popolo), questi tumulti vengono risolti senza troppi problemi da un energico Johann Buddenbrook che, dopo alcune ore di paura per i nobili e i ricchi borghesi, riesce a calmare la folla, con l'unico effetto collaterale della morte di Lebrecht Kröger, padre di Elizabeth, per un probabile infarto dovuto all'indignazione per la mancanza di rispetto dimostrata dal popolo verso la nobiltà.
Alcuni mesi dopo questi avvenimenti, invece, ecco che accade proprio quello che mi aspettavo: gli apparentemente fiorenti affari di Grünlich sono in realtà un inganno, un'illusione creata apposta per indurre Johann Buddenbrook a concedergli in sposa la figlia con lo scopo di salvarsi dalla bancarotta. Ciò che il basettone non si aspetta è che il capofamiglia sfrutti la dedizione di Tony per la ditta e se la riporti a casa insieme alla figlioletta Erika, lasciandolo così solo ad affrontare il suo fallimento.
Nonostante io creda che questo non sia il modo migliore per rimediare all'errore di aver fatto sposare Tony contro la sua volontà, non posso non pensare al fatto che Grünlich fosse completamente in mala fede, di conseguenza posso dire che mi sarei comportata esattamente come il console Buddenbrook.
Restando sull'argomento Tony, questa ragazza è davvero inconsistente ed insipida oltre che, come lei spesso di definisce ipocritamente, oca.
L'ultimo capitolo è meraviglioso: la descrizione dell'atmosfera, del tempo, delle sensazioni delle persone accompagnano verso l'annuncio della morte di Johann Buddenbrook che, come tutti gli altri famigliari finora, scompare con la pioggia.
Il suo pronunciato senso della famiglia le rendeva quasi incomprensibili i concetti di libero arbitrio e di autodecisione, e le faceva constatare e ammettere le sue qualità con fatalistica indifferenza, senza distinguere e senza tentar di correggersi. Inconsapevolmente, ella era convinta che ogni qualità, buona o cattiva, fosse un retaggio, una tradizione di famiglia, e pertanto una cosa da venerare e in ogni caso da rispettare.


IV Tappa - Parte 5
La parte V si apre con la riunione di famiglia indetta per la lettura del testamento di Johann Buddenbrook alla quale partecipano il figlio Tom, la moglie Betsy, nominata erede universale, la figlia Tony, che come sempre dimostra la sua enorme stupidità con i suoi interventi fuori luogo, il signor Marcus, nominato socio della ditta, e Justus Kröger, tutore di Klara.
Sei mesi dopo la morte del padre torna Christian, che si trovava a Valparaiso; pur essendo un po' bizzarro, soprattutto per i suoi continui cambiamenti d'umore, sembra piuttosto noioso e inconsistente. Christian sembra vivere in un mondo tutto suo, non è certo molto interessato agli affari di famiglia ma in realtà non sembra interessato a nulla; è proprio il classico svogliato e oltretutto si fa anche ridere dietro dai suoi compagni del circolo senza nemmeno rendersene conto. Intanto, alla morte dello zio Gotthold avvenuta pochi mesi dopo, Tom riceve la carica di regio console dei Paesi Bassi, come suo padre e, prima ancora, suo nonno.
Ben due sono i matrimoni che si preparano in questa V parte: quello di Klara con un pastore di Riga e quello di Tom con la ricchissima figlia di un commerciante di Amsterdam. Devo ammettere che non riesco proprio ad abituarmi alla freddezza calcolatrice con cui vengono combinati i matrimoni, è proprio come se fossero solo degli affari. In ogni caso, questi eventi portano un po' di gioia nella famiglia ultimamente provata dai lutti. L'unica che per ora è ancora insoddisfatta è Tony, che si annoia da morire e vorrebbe sposarsi di nuovo.
Tony posò la corona sul nome del padre, scritto di fresco sulla lastra in lettere dorate, e poi nonostante la neve s'inginocchiò sulla tomba a pregare in silenzio; il velo nero svolazzava lieve e l'ampia gonna le si allargava intorno in pieghe pittoresche. Dio solo sapeva quanto dolore e quanta fede, e d'altra parte quanta vanità di bella donna fossero in quell'abbandono.


V Tappa - Parte 6
Entra in scena un nuovo personaggio: Permaneder, un commerciante bavarese conosciuto da Tony durante un suo soggiorno a Monaco. La ragazza è letteralmente ossessionata dal voler riparare al danno commesso al buon nome della famiglia e della ditta con il suo primo matrimonio e ha intenzione di sposare quest'uomo buono ma talmente diverso nel modo di fare dagli abitanti di Lubecca da risultare ridicolo. Dopo una serie di tormenti notturni Tony prende la decisione definitiva e durante una gita in montagna viene combinato il matrimonio. Faccio davvero tanta fatica ad accettare le scelte di questa donna che non guarda alla propria felicità, anzi, la sua felicità viene realizzata facendo il bene della ditta, anche se ciò significa sacrificarsi al cento per cento.
Il matrimonio viene celebrato in modo semplice e discreto e la coppia parte immediatamente per Monaco. Purtroppo per Tony anche questo matrimonio è destinato ad una rapida fine: la goccia che fa traboccare il vaso e che spinge Tony a fuggire da una città noiosa, popolata da gente rozza per la quale il nome Buddenbrook non significa nulla e da un marito privo di ambizione è il tradimento da parte di Permaneder che una sera torna a casa ubriaco e salta addosso alla cameriera di fronte alla camera da letto della moglie.
Si ritorna così alla situazione iniziale, con Tony nuovamente sola con Erika (la bambina avuta con Permaneder muore pochi minuti dopo il parto) a casa con la madre.
«[...]Tom è un politico, e sa quel che vuole. Chi ha messo alla porta Christian? L'espressione è dura, Ida, ma la cosa sta proprio così. E perché? Perché comprometteva la ditta e la famiglia, e anch'io secondo lui faccio altrettanto, non con gli atti o con le parole, ma semplicemente col mio stato di donna divorziata. Egli vuole che questo cessi, e ha ragione; Dio sa che non gli voglio meno bene per ciò e spero che egli ricambi il mio affetto. [...]» (Tony Buddenbrook)


VI Tappa - Parte 7
Finalmente arriva il tanto sospirato erede Buddenbrook, figlio di Tom e Gerda: il bambino è piuttosto cagionevole ma, dopo aver rischiato la vita appena nato, cresce in modo abbastanza stabile (anche se viene continuamente ripetuto che il bambino "è un po' indietro"). Tony è estremamente orgogliosa del nipotino e la sua gioia aumenta a dismisura quando il fratello Tom viene nominato senatore.
Purtroppo la serenità della famiglia viene nuovamente minata da una serie di eventi: la morte di Klara, il passaggio della sua dote al marito contro il volere di Tom, il fallimento della ditta di Christian, la perdita di alcuni grossi affari e, contemporaneamente a tutto ciò, la grossa spesa sostenuta da Thomas per costruire una casa degna del suo rango di senatore. Tom diventa progressivamente più irrequieto, tanto da compromettere anche il suo lavoro. A peggiorare ancor più la situazione ci si mette anche una guerra (cercando su internet dovrebbe essere la Seconda guerra dello Schleswig, combattuta tra austroprussiani e danesi), che mette a dura prova la ditta Buddenbrook.
«[...]Che cos'è il successo? Una forza segreta e indefinibile, chiaroveggenza, prontezza, la convinzione di influire sui moti della vita col solo fatto della nostra esistenza... La fede nell'arrendevolezza della vita in nostro favore... Fortuna e successo sono in noi; bisogna tenerli saldamente, intimamente. Appena qui dentro qualcosa comincia a cedere, a rilassarsi, a stancarsi, tutto quello che è intorno a noi si svincola, si ribella, si sottrae al nostro influsso... Allora un colpo segue l'altro, batoste su batoste, e si è liquidati.[...]» (Thomas Buddenbrook parla con Tony)


VII Tappa - Parte 8
Questa parte è stata forse un po' troppo lunga e per dirlo io che amo le digressioni, le descrizioni precise, i dialoghi infiniti, vuol dire che è stato davvero un po' troppo. In questi capitoli succede un po' di tutto: Erika Grünlich si sposa - e la madre Tony, come sempre è la talmente protagonista da sostituirsi alla ragazza in tutto, dall'organizzazione del matrimonio a quella della casa degli sposi dove si trasferisce naturalmente anche lei (classico esempio di suocera ingombrante) -, Tom viene meno per la prima volta ai principi dell'azienda accettare di fare un prestito ad un amico di famiglia a interessi esagerati, la ditta festeggia l'anniversario dei cento anni. Veniamo inoltre a sapere qualcosa di più su Hanno, il figlio di Tom e Gerda, un bambino riservato, molto sensibile e con una salute estremamente delicata. Contrariamente ad desideri del padre, che vorrebbe fare di lui un vero Buddenbrook, Hanno ha preso dalla madre l'amore per la musica e il talento del bambino è davvero incredibile; purtroppo Tom non riesce a comprendere per nulla il figlio e insiste nel tentare di approcciarvisi nel modo che lui ritiene migliore: le uniche conversazioni sono sempre interrotte da delle vere e proprie interrogazioni del padre al figlio sull'attualità, sul commercio, sulla geografia, cosa questa che mette il bambino in estrema soggezione e non fa altro che renderlo ancora più chiuso.

Infine, dopo due lunghissimi capitoli incentrati uno sulla musica e l'altro sul Natale, la famiglia viene scossa dall'ennesima disgrazia: il marito di Erika viene accusato, processato e condannato a tre anni e mezzo di carcere per aver condotto alcuni affari sporchi e Tony si ritrova nuovamente sola con la figlia, senza casa e a dover dipendere dalla propria famiglia.
[...] e nel registro di famiglia scrisse con mano tremante di gioia il nome di Erika accanto a quello del direttore... ma era lei, lei Tony Buddenbrook, la vera sposa.
- Egli ne è degno, - affermò il signor Pfühl. - A volte lo guardo negli occhi... e vi leggo tante cose, ma le labbra le tiene chiuse. Più tardi nella vita, che forse gli farà tenere le labbra ancor più serrate, deve pur avere una possibilità di parlare... [Gerda e il maestro di musica parlano del talento musicale di Hanno]


VIII Tappa - Parte 9
I capitoli che compongono la nona parte sono quasi tutti incentrati sulla morte della vecchia consolessa Buddenbrook: la lunga agonia, la lettura del testamento, il funerale e infine la vendita della vecchia casa di famiglia. La parte è davvero molto breve, ma nonostante accada poco (anzi, forse proprio perché ci sono pochi avvenimenti) si respira davvero l'aria di una lenta caduta, del progressivo disfacimento della famiglia.
Ormai gli ultimi veri Buddenbrook rimasti sono Tom e Tony (Chistian, infatti, ha dimostrato da un pezzo di essere molto diverso), ma lo spirito di lui è sempre più depresso e frustrato, così che l'unica ancora piena dell'"orgoglio Buddenbrook" rimane sempre Tony.


IX Tappa - Parte 10
Il declino di Thomas Buddenbrook, già iniziato nei capitoli precedenti, è il fulcro di questa parte e la sua morte segna la morte dell'ultima speranza per la ditta Buddenbrook di risollevarsi: né Christian, incapace e ipocondriaco, né il piccolo Hanno, i cui interessi sono da tutt'altra parte, sono infatti in grado di portare avanti la ditta.

Hanno è il personaggio che tra tutti sento più vicino: i capitoli riguardanti le vacanze al mare in particolare non solo me lo hanno reso più simpatico, ma hanno suscitato in me ancora più tenerezza di prima, anche da piccola io provavo le stesse identiche sensazioni.

La morte di Tom arriva improvvisa e anche se spesso nelle pagine precedenti c'erano state diverse anticipazioni, proprio non me l'aspettavo.
Davvero, l'esistenza di Thomas Buddenbrook non era diversa da quella di un attore, un attore però la cui vita fin nei minimi e più triti particolari sia diventata un'unica produzione, una produzione che, eccettuati pochi brevi momenti di solitudine e di distensione, assorbe e logora continuamente tutte le forze..."



Commento conclusivo
Ho iniziato la lettura de I Buddenbrook con un gdl, spinta dal successo ottenuto con i due che avevo seguito precedentemente (Il conte di Montecristo e Anna Karénina); mi sono resa conto, infatti, che la lettura (e relativo commento) frazionata di un classico dà molta più soddisfazione di una tutta d’un fiato (soprattutto se le pagine sono tante e il fiato a volte tende a mancare). Purtroppo questa volta non sono riuscita a restare nei tempi stabiliti e sforato di parecchio, ma ho deciso di proseguire comunque seguendo le tappe stabilite.

Il romanzo mi è piaciuto molto, anche se mi ha lasciato un po’ di amaro in bocca, non tanto per la conclusione – facilmente immaginabile solo leggendo il sottotitolo del romanzo: “declino di una famiglia” – quanto per la completa mancanza di carisma dei personaggi. Non voglio fare intendere che questo sia un difetto, anzi, è perfettamente in linea con la trama, ma io amo i personaggi che si fanno largo attraverso le pagine, che mostrano forza di carattere, anche se non sempre in senso positivo. Qui invece di personaggi dominanti non ce ne sono né tra i protagonisti, né tra i secondari: Thomas inizia bene ma si spegne presto, Tony è stupida e vuota, Hanno, nonostante sia il personaggio che ho sentito più vicino a me, non è né tagliato per il futuro che gli si prospetta, né capace di ribellarsi e trovare la propria strada. Non parliamo poi di Christian e delle sue ridicole fissazioni.

Ciò che mi ha catturata è lo stile di Mann: ho amato le sue descrizioni non solo dei paesaggi, ma anche degli stati d’animo dei personaggi e delle loro passioni. Ho trovato incredibile il modo in cui si parla della musica nel capitolo su Gerda Buddenbrook e tutto il capitolo sul delirio filosofico/religioso di Thomas. Lo spostamento del punto di vista che si muove tra i tre protagonisti, Thomas, Tony e Hanno è estremamente coinvolgente e fa si che il lettore venga catapultato dentro l’animo dei personaggi e si senta vicino a loro, riuscendo a comprendere perfino il più assurdo dei loro pensieri.

Dopo la lettura di questo caposaldo della letteratura tedesca il proposito è naturalmente quello di leggere altre opere di Mann, magari passando prima dai racconti per approdare solo tra un po’ all’inquietante (ma solo per la mole) Montagna Incantata. Per il momento, però, ho bisogno di una pausa dalle letture intelligenti!
E stette là vincitrice nella buona guerra che aveva condotto per tutta la vita contro gli assalti del suo raziocinio di maestra, gobba, minuscola e vibrante di convinzione, una piccola profetessa ispirata e vendicatrice.
(explicit)

The Fairies' Shoemaker and other stories

sfide: torniamo ragazzi, infinita, letture in lingua, fantasyosa

Autore: Enid Blyton
Anno di pubblicazione: 1987
Editore: Award Publications
Pagine: 192

Iniziato il: 24 marzo 2012
Terminato il: 8 aprile 2012
Valutazione:★★★
Once upon a time there lived a naughty little pixie called Pinkity. He was always in mischief and teased every one he met.
(incipit della storia "Pinkity's Pranks)
Trama
Il libro è una raccolta di racconti fantasiosi sul mondo delle fate, dei folletti e degli gnomi.

Commento
Tutte fiabe abbastanza classiche e che generalmente terminano con una morale, proprio per questo le ho trovate molto carine ma mano originali rispetto a quelle contenute in "The Faraway Tree". Quella che più mi è piaciuta è stata l'ultima e anche quella che dà il titolo alla raccolta, ovvero "The Fairies' Shoemaker", che racconta la storia di una bambina che un giorno, durante una passeggiata nel bosco, si trova un chiodo conficcato nella scarpina. Poco lontano, c'è un calzolaio molto particolare: quell'omino minuscolo è infatti il calzolaio delle fate, che aggiusta in un batter d'occhio la scarpetta della bimba, la quale in cambio gli regala l'ombrellino della sua bambola per permettergli di ripararsi dal sole.

Scambio con l'inglese

sfide: torniamo ragazzi, infinita, salva-comodino

Titolo originale: Das Austauschkind
Autore: Christine Nöstlinger
Anno di pubblicazione: 2001
Editore: Piemme
Pagine: 186

Iniziato il: 16 febbraio 2012
Terminato il: 16 febbraio 2012
Valutazione:★★★★
Mi chiamo Edward Mittermeier e all'inizio di questa storia ho tredici anni e una settimana. Alla fine della storia avrò tredici anni e sette settimane.
(incipit)


Trama
Ewald ha dodici anni e vive a Vienna. Si tratta del classico ragazzino ben educato, un po’ timido e timoroso di contrariare i genitori. La sorella Sybille, di quindici anni, invece, è più intraprendente, ribelle, estroversa e autonoma. Un giorno i genitori decidono di ospitare in casa per sei settimane un ragazzino inglese, per consentire al figlio di migliorare la propria pronuncia. Anziché il previsto Tom arriva però il fratello Jasper che, nel giro di pochi minuti, rivoluziona radicalmente la vita familiare.

Commento
Mi ero completamente dimenticata di avere in coda il commento su questo libro, che vergogna. Oltretutto non è nemmeno una lettura particolarmente impegnativa anche se, come tutti i libri della Nöstlinger, può rappresentare uno spunto di riflessione importante sulle tematiche pedagogiche. In particolare in Scambio con l'inglese ci viene raccontata la storia di una famiglia austriaca che decide di ospitare un ragazzo inglese per aiutare il figlio minore a migliorare la lingua; inaspettatamente, però, all'aeroporto non si presenta Tom, il ragazzo che aspettavano, bensì suo fratello, il problematico Jasper. Il ragazzo è completamente allo sbando, sporca la sua camera in modo indecente, non mangia insieme alla famiglia ma ruba di notte il cibo dal frigorifero, non spiccica una parola e puzza come un caprone. L'unica che sembra riuscire ad instaurare un rapporto con Jasper è Sybille, la sorella maggiore di Ewald, che aiuta la sua famiglia a comprendere il disagio di Jasper e ad aiutarlo. I temi della Nöstlinger sono sempre molto delicati ma la sua abilità sta proprio nel riuscire a raccontarli in modo semplice e naturale; mi rendo conto di quanto sia difficile affrontare certe situazioni, soprattutto in un'età difficile come quella dell'adolescenza.
In momenti del genere provo sempre una grande compassione per la mamma. Quando una persona che ti è così vicina è così totalmente incapace di capire le cose, ti senti davvero intenerire!