Autore: Charles Dickens Anno di pubblicazione: 1998 Editore: Wordsworth Pagine: 65
Iniziato il: 21 gennaio 2012 Terminato il: 24 gennaio 2012 Valutazione:★★★★
Marley was dead, to begin with. There is no doubt whatever about that. The register of his burial was signed by the clergyman, the clerk, the undertaker, and the chief mourner. Scrooge signed it. And Scrooge's name was good upon 'Change, for anything he chose to put his hand to.
(incipit)
Trama
Ebenezer Scrooge è un avaro finanziere che odia il Natale e da anni non compie un gesto di carità o compassione. Una notte, viene visitato dal fantasma del suo ex socio Marley che desidera salvare la sua anima e che gli annuncia la visita di tre spiriti: lo Spirito del Natale Passato, lo Spirito del Natale Presente e lo Spirito del Natale Futuro. Scrooge sarà quindi messo di fronte all'inutilità della sua vita e all'aridità del suo cuore.
Commento La storia in sé è bellissima, il viaggio magico che Scrooge compie la notte di Natale nel suo passato, presente e futuro è un viaggio nella sua coscienza che fa nascere in lui il desiderio di diventare una persona diversa. L'episodio senza dubbio più tenero e commovente è la scena della Vigilia di Natale a casa di Bob Cratchit, la cui famiglia, pur se povera e con tanti problemi, riesce a trovare nelle cose più semplici un motivo di gioia. Sarebbe stato il massimo riuscire a leggere questo racconto la notte di Natale o comunque nel periodo natalizio: la mia intenzione, infatti, era proprio quella, ma come si può facilmente immaginare dalla data in cui scrivo il commento non ci sono riuscita. Ammetto di aver avuto qualche difficoltà nella lettura in lingua originale, sia per la presenza di molti vocaboli sconosciuti, sia per la struttura di alcune frasi che mi hanno creato problemi, tanto da dover essere costretta, pur dopo numerose riletture, a proseguire senza riuscire a capirne il significato. Il fatto di aver faticato a trovare alcune espressioni anche sul dizionario mi ha fatto pensare che probabilmente Dickens utilizzi molti modi di dire (le frasi inziali, sul "dead as a doornail" mi hanno tenuta bloccata per un quarto d'ora prima di riuscire a capire di cosa si trattasse) e forse anche qualche espressione ormai desueta; in ogni caso sono riuscita a portare a termine la lettura, anche se ho intenzione di rileggerlo in italiano, magari ilprossimo Natale.
External heat and cold had little influence on Scrooge. No warmth could warm, no wintry weather chill him. No wind that blew was bitterer than he, no falling snow was more intent upon its purpose, no pelting rain less open to entreaty. Foul weather didn't know where to have him. The heaviest rain, and snow, and hail, and sleet, could boast of the advantage over him in only one respect. They often came down handsomely, and Scrooge never did.
'That is no light part of my penance,' pursued the Ghost. 'I am here to-night to warn you, that you have yet a chance and hope of escaping my fate. A chance and hope of my procuring, Ebenezer.' 'You were always a good friend to me,' said Scrooge. 'Thank'ee.' 'You will be haunted,' resumed the Ghost, 'by Three Spirits.'
'I will honour Christmas in my heart, and try to keep it all the year. I will live in the Past, the Present, and the Future. The Spirits of all Three shall strive within me. I will not shut out the lessons that they teach. Oh, tell me I may sponge away the writing on this stone!'
Autore: Cristina Contilli e Laura Gay Anno di pubblicazione: 2011 Editore: Ilmiolibro.it Pagine: 62
Iniziato il: 24 gennaio 2012 Terminato il: 24 gennaio 2012 Valutazione:★ e mezzo
Emma si affacciò al finestrino della carrozza su cui stava viaggiando da ore e vide in lontananza un vecchio casolare col tetto in mattoni rossi. Poco lontano, un gruppo di soldati con le loro armi scintillanti facevano ritorno alle proprie case. Nonostante la guerra contro Napoleone fosse ormai finita da tempo, si vedevano ancora parecchi militari in giro.
(incipit)
Trama
Un rosa paranormale ambientato tra India e Inghilterra nel periodo recency: quali misteri nasconde il castello di Goodrich Court dove Emma viene assunta come istitutrice? E soprattutto chi è veramente il conte William Borroughs?(Retro di copertina)
Commento Uffa... io odio scrivere commenti negativi sui libri che ricevo con le catene di lettura, perché mi dispiace; non è come stroncare una ciofeca trovata in libreria, magari pubblicata da una nota casa editrice che senza scrupoli ci propina a pagamento una plateale cavolata, in questo caso devo dare la mia opinione sullo scritto di una persona che quasi conosco, con la quale magari mi sono anche scambiata dei messaggi su aNobii, e che sicuramente ha deciso di far girare il suo libro perché ci crede. Purtroppo però non posso nemmeno dire che il racconto mi sia piaciuto: la trama di base, anche se un po' scontata (ma la maggior parte dei romanzi sono basati su una trama già sentita mille volte, quindi non è una cosa così grave), potrebbe anche dar vita ad una storia interessante, se non fosse che tutta la vicenda è trattata in modo superficiale e soprattutto incoerente. La domanda che mi è venuta in mente mentre leggevo è stata: ma le autrici hanno riletto ciò che hanno scritto? Detto francamente, sembra di no, perché mi pare impossibile che nessuna delle due si sia accorta che manca un pezzo. Il punto è il seguente: William, il protagonista maschile, dichiara chiaramente di essere uno spirito, può passare attraverso pareti e porte chiuse e nessuno lo vede e lo sente a parte Emma. Improvvisamente e senza alcuna motivazione, poche pagine dopo viene detto che William è una persona in carne ed ossa che ha sempre vissuto nascosto nel castello perché è un lupo mannaro. Ci si perde insomma il passaggio tra fantasma e persona viva, come se chi ha scritto avesse cambiato improvvisamente idea, senza però ricordarsi che due righe prima aveva scritto tutt'altro! Inoltre, anche se si facesse finta di aver letto male e di essersi sognati che William fosse un fantasma, il resto della storia è comunque deboluccio e sembra senza scopo, oltre ad essere poco approfondito. Anche tutta la questione della leggenda della tigre dell'India sembra messa dentro un po' a caso. Insomma, mi dispiace ma proprio non ci siamo.
Autore: Italo Calvino Anno di pubblicazione: 2002 Editore: Gruppo Editoriale L'Espresso Pagine: 223
Iniziato il: 22 gennaio 2012 Terminato il: 23 gennaio 2012 Valutazione:★★★★
Stai per cominciare a leggere il nuovo romanzo "Se una notte d'inverno un viaggiatore" di Italo Calvino. Rilassati. Raccogliti. Allontana da te ogni altro pensiero. Lascia che il mondo che ti circonda sfumi nell'indistinto. La porta è meglio chiuderla; di là c'è sempre la televisione accesa. Dillo subito, agli altri:«No, non voglio vedere la televisione!» Alza la voce, se no non ti sentono: «Sto leggendo! Non voglio essere disturbato!» Forse non ti hanno sentito, con tutto quel chiasso; dillo più forte, grida: «Sto cominciando a leggere il nuovo romanzo di Italo Calvino!» O se non vuoi non dirlo; speriamo che ti lascino in pace.
(incipit)
Trama
È un romanzo sul piacere di leggere romanzi: protagonista è il lettore, che per dieci volte comincia a leggere un libro che per vicissitudini estranee alla sua volontà non riesce a finire. Ho dovuto dunque scrivere l'inizio di dieci romanzi d'autori immaginari, tutti in qualche modo diversi da me e diversi tra loro. (Italo Calvino)
Commento Ci sono libri che non vanno raccontati, vanno letti, perché tentando di riassumerne il contenuto o di spiegarne le particolarità si rischia di semplificare troppo e di non riuscire ad espimere tutto ciò che la lettura ci ha comunicato. Se una notte d'inverno un viaggiatore è un romanzo bellissimo e originale che parla di se stesso, della lettura, dei lettori, degli scrittori e dei libri. La voce dell'autore mi ha abbracciato, scaldato e mi ha quasi obbligato ad immedesimarmi con questo protagonista Lettore, frustrato dall'impossibilità di poter concludere i romanzi che ha iniziato e contemporaneamente attratto da tutti i nuovi inizi che gli si presentano davanti. Questa "trovata" dei diversi incipit mi è piaciuta moltissimo, anche se mi è rimasta la curiosità di sapere come Calvino avrebbe fatto proseguire i vari romanzi, soprattutto "Se una notte d'inverno un viaggiatore" e "In una rete di linee che si allacciano", che sono quelli che più hanno stimolato il mio interesse. Anche la "storia-cornice", per quanto caotica (anzi, forse proprio per quello), mi ha appassionato: nonostante, dopo i primi due incipit, avessi capito come funzionava la tiritera, non riuscivo ad evitare che una parte di me, tutte le volte che si presentava un nuovo titolo, provasse una piccola e remota speranza che finalmente quello fosse davvero il libro giusto, esattamente come accadeva al Lettore. Ho trovato bellissimo anche il "capitolo" con il diario di Flannery, ovvero il punto di vista dello scrittore e molto stimolanti tutte le allusioni ai "tipi" di lettore, che mi hanno fatto ragionare soprattutto su cosa sia per me la lettura. Tra tutte, forse, la frase che meglio ha espresso la mia concezione della lettura, e anche quello che io cerco in un libro, è questa: "Leggere è andare incontro a qualcosa che sta per essere e ancora nessuno sa cosa sarà."
Rigiri il libro tra le mani, scorri le frasi del retrocopertina, del risvolto, frasi generiche, che non dicono molto. Meglio così, non c'è discorso che pretenda di sovrapporsi al discorso indiscretamente al discorso che il libro dovrà comunicare lui direttamente, a ciò che dovrai tu spremere dal libro, poco o tanto che sia. Certo, anche questo girare intorno al libro, leggerci intorno prima di leggerci dentro, fa parte del piacere del libro nuovo, ma come tutti i piaceri preliminariha una sua durata ottimale se si vuole che serva a spingere verso il piacere più consistente della consumazione dell'atto, cioè della lettura del libro.
Leggere è andare incontro a qualcosa che sta per essere e ancora nessuno sa cosa sarà.
La tua casa, essendo il luogo in cui tu leggi, può dirci qual'è il posto che i libri hanno nella tua vita, se sono una difesa che tu metti avanti per tener lontano il mondo di fuori, un sogno in cui sprofondi come una droga, oppure se sono dei ponti che getti verso il fuori, verso il mondo che t'interessa tanto da volerne moltiplicare e dilatare le dimensioni attraverso i libri.
Dalla lettura delle pagine scritte, la lettura che gli amanti fanno dei loro corpi (di quel concentrato di mente e corpo di cui gli amanti si servono per andare a letto insieme) differisce in quanto non è lineare. Attacca da un punto qualsiasi, salta, si ripete, torna indietro, insiste, si ramifica in messaggi simultanei e divergenti, torna a convergere, affronta momenti di fastidio, volta pagina, ritrova il filo, si perde.
Quale dato permette di distinguere le nazioni in cui la letteratura gode di una vera considerazione, meglio delle somme stanziate per controllarla e reprimerla?
Il senso ultimo a cui rimandano tutti i racconti ha due facce: la continuità della vita, l'inevitabilità della morte.
Se una notte d’inverno un viaggiatore, fuori dell’abitato di Malbork, sporgendosi dalla costa scoscesa senza temere il vento e la vertigine, guarda in basso dove l’ombra s’addensa in una rete di linee che s’allacciano, in una rete di linee che s’intersecano sul tappeto di foglie illuminate dalla luna intorno a una fossa vuota, – Quale storia laggiù attende la fine? – chiede, ansioso d’ascoltare il racconto.
Titolo originale: Hundraåringen som klev ut genom fönstret och fönstret
och försvann Autore: Jonas Jonasson Anno di pubblicazione: 2009 Editore: Bompiani Pagine: 446
Iniziato il: 11 gennaio 2012 Terminato il: 20 gennaio 2012 Valutazione:★★★★
Di certo Allan Karlsson avrebbe potuto pensarci prima e, magari, comunicare agli interessati la sua decisione. In effetti non aveva mai riflettuto troppo sulle cose. Ecco perché quell'idea non ebbe neanche il tempo di fissarsi nella sua testa che già aveva aperto la finestra della stanza al pianterreno della casa di riposo di Malmköping, nel Sörmland, per poi sgusciare fuori e atterrare nell'aiuola sottostante.
(incipit)
Trama
Allan Karlsson compie cento anni e per l’occasione la casa di riposo dove vive intende festeggiare la ricorrenza in pompa magna, con tutte le autorità.
Allan, però, è di un’altra idea. Così decide, di punto in bianco, di darsela a gambe.
Con le pantofole ai piedi scavalca la finestra e si dirige nell’unico luogo dove la megera direttrice dell’istituto non può riacciuffarlo, alla stazione degli autobus, per allontanarsi anche se non sa bene verso dove. Anzi, senza avere alcuna destinazione in mente. Nell’attesa del primo pullman in partenza, Allan si imbatte in un ceffo strano, giovane, biondo e troppo fiducioso che l’attempato Allan non sia capace di colpi di testa. Non potendo entrare nella piccola cabina della toilet pubblica insieme all’ingombrante valigia cui si accompagna, il giovane chiede ad Allan, con una certa scortesia, di vigilare bene che nessuno se ne appropri mentre disbriga le sue necessità. Mai avrebbe pensato, il biondo, quanto gli sarebbe costata questa fiducia malriposta e quella necessità fisiologica.
La corriera per-non-si-sa-dove sta partendo, infatti.
Allan non può perderla se vuole seminare la megera che ha già dato l’allarme, e così vi sale, naturalmente portando con sé quella grossa, misteriosa valigia.
E non sa ancora che quel biondino scialbo è un feroce criminale pronto a tutto per riprendersi la sua valigia e fare fuori l’arzillo vecchietto.
Una girandola di equivoci. Una esilarante avventura.
Una vitalità esuberante. Una galleria di personaggi senza paragoni. Un centenario capace di incarnare i sogni di ognuno, pronto a tutto per non lasciarsi scappare questo improvviso e pericoloso dono del destino.(dal retro di copertina)
Commento
Su questo romanzo è stato detto di tutto: che è un caso editoriale, che fa morire dalle risate, che è una delusione, che non fa per niente ridere, ecc, ecc, ecc. A me personalmente incuriosiva molto quindi, diffidando dei commenti negativi mi sono fatta la mia coda di prenotazioni in biblioteca e sono finalmente riuscita a leggerlo. Non capisco davvero come mai molte persone l'abbiano trovato inutile: a me è piaciuto da morire! Non c'è dubbio che le vicende raccontate siano del tutto irreali e impossibili e mai, neanche in una pagina l'autore dà anche solo l'impressione di tentare di farcele passare come realistiche; le incredibili situazioni in cui Allan si ritrova durante tutta la sua vita sono così chiaramente assurde, che proprio in esse si trova il primo aspetto divertente del romanzo.
La narrazione si sposta continuamente su due piani temporali distinti: il presente e il passato del protagonista. Se ciò che capita ad Allan dal giorno in cui decide di fuggire dalla casa di riposo in cui alloggia sembra pazzesco, non è nulla in confronto a quello che ha vissuto dalla sua nascita fino alla mattina del suo centesimo compleanno; le sue avventure lo portano a girare letteralmente il mondo, facendo amicizia con capi di stato e presidenti, partecipando alla costruzione di bombe atomiche e intervenendo nei più delicati momenti della storia con la sua arma migliore: la semplicità. Le sue peripezie (che sono narrate in terza persona ma riportando sempre il punto di vista del protagonista) e gli improbabili incontri che fa nella sua vita, ci vengono raccontati con candore, come se fossero normalissimi e uguali a quelli di tutte le persone.
Su aNobii ho letto in tante recensioni che Allan potrebbe essere considerato il Forrest Gump svedese, anche se manca della sua innocenza; ad essere sincera, le avventure di Allan non mi hanno fatto pensare tanto a Forrest Gump quanto a Big Fish (non ho ancora mai letto il libro; il film, comunque, è uno dei miei preferiti, non per nulla è diretto da Tim Burton), e idem per il carattere del protagonista, che non è per nulla innocente ma, come dice perfettamente la sua infermiera della casa di riposo: "Allan è senza dubbio vecchio, ma è anche un maledetto farabutto che sa esattamente quello che fa".
Fosse stato per me avrei citato tutto il libro, ma essendo composto da più di 400 spassosissime pagine, forse non è il caso; purtroppo costa parecchio, quindi per il momento mi accontenterò di una sola lettura, ma è poco ma sicuro che appena dovesse uscire in paperback entrerà immediatamente a far parte della mia libreria.
Comunque sia, era la bellissima moglie del capo del Kuomintang cinese, Chiang Kai-shek. [...] Ora, la signora stava perseguitando il presidente Truman affinché questi mantenesse le promesse fatte dal presidente Roosvelt circa la lotta al comunismo.
"Lo sapevo che si ricadeva di nuovo in politica," commentò Allan.
"E' piuttosto difficile evitare l'argomento se sei il presidente degli Stati Uniti," ribattè Truman.
Allan si complimentò con Herbert per l'ottimo lavoro e l'eccellente interpretazione. Quest'ultimo arrossì, cercando di sviare il discorso e affermando che non è poi così difficile interpretare la parte dello scemo se lo si è di natura. Allan rispose che non ne era poi così sicuro, dato che i cretini che aveva incontrato finora avevano sempre cercato di apparire intelligenti.
Autore: Massimo Bolognino Anno di pubblicazione: 2010 Editore: Smaswords Pagine: 312
Iniziato il: 05 gennaio 2012 Terminato il: 11 gennaio 2012 Valutazione:★★★
Abitavamo, io e mia moglie Elena, al 20° piano di un bel casermone, lo stilista l'aveva progettato ispirandosi a una scatola di stivali tacco 12: era un bellissimo parallelepipedo, l'unico neo forse il fatto che fosse di fianco ad altri 8 parallelepipedi identici.
(incipit)
Trama Una sera Luca Fontana scende in strada per buttare la spazzatura nel cassonetto del suo palazzo. Tornato sull'uscio di casa la trova occupata da una donna che non è sua moglie. Che fine ha fatto? Perché le persone che conosce sembrano scomparse e Luca non riesce a riprendere i contatti con la sua normale, troppo normale, realtà? Inizia così una moderna odissea metropolitana, che vede Luca privato di tutto, perfino della sua identità, in un nuovo viaggio, una seconda vita, verso una riconquista della sua routine, la gabbia della realtà che, una volta persa, rivendica il suo ruolo rassicurante, la sua funzione anti-smarrimento, nella nostra società frenetica e asettica.(dal retro di copertina)
Commento
Non male. Qualche refuso di troppo, questo si (soprattutto un congiuntivo), e qualche imprecisione che probabilmente con un paio di letture in più avrebbero potuto essere evitati, però nel complesso il romanzo mi è piaciuto, soprattutto in quanto l'autore è riuscito a rendere credibile storia e protagonista, facendo sì che reagisse in modo realistico agli avvenimenti straordinari e incomprensibili di cui si trovava protagonista. La trama è davvero accattivante, e mi ricordava un film visto l'anno scorso con protagonista Liam Neeson, anche se in questo caso non si tratta di un thriller, ne di un romanzo d'azione, bensì di un romanzo psicologico, che fa riflettere su quanto la nostra quotidianità, la routine, che noi spesso consideriamo noiosa ed insulsa, sia in realtà il più importante supporto per la nostra stabilità psicologica. Se all'improvviso tutto sparisse, come reagiremmo? Nel romanzo si alternano poi episodi simpatici, come quello del furto della chitarra ad episodi più toccanti, come la visita del protagonista all'ospizio dove si trova ricoverato il suo amico Jerry. Avrei forse preferito un linguaggio un po' meno colloquiale, non tanto nei dialoghi quanto nella narrazione, che ogni tanto mi sembrava diventare un po' troppo "terra-terra", ma mi rendo conto che questa possa essere una scelta stilistica, dato che la narrazione è tutta in prima persona e i miei sono solo gusti personali.
Mentre cammino, con passo tranquillo, nei miei vestiti troppo larghi, con le mie scarpe troppo lunghe, con il mio borsone che contiene tutto quello che possiedo e che mi è stato regalato ieri, mi assale una sensazione variegata e multiforme. Certo, sono a piedi, in tutti i sensi, non ho nulla, se non quello che c'è nel borsone, non trovo nessuno di conosciuto, contemporaneamente mi prende sia una malinconia per tutto quello che ho perso mista però a una sorta di leggerezza, una sensazione positiva di leggerezza.
Autore: Rita Charbonnier Anno di pubblicazione: 2006 Editore: Corbaccio Pagine: 336
Iniziato il: 28 dicembre 2011 Terminato il: 04 gennaio 2012 Valutazione:★★★★
Carissima Fräulein Mozart,
Consegno questa lettera nelle mani di Victoria, alla vigilia di una missione che mi terrà lungamente lontano dalla città, giacché desidero che abbiate tra le mani, mia giovane e deliziosa amica, qualcosa che nel frattempo mi ricordi a voi. È un desiderio audace, ne sono consapevole, ma più forte della modestia è il mio timore che quanto accaduto tra noi quella notte si dissolva nei gesti quotidiani, e non lasci tracce.
(incipit)
Trama Tutti conoscono Wolfgang Amadeus Mozart, ma che Mozart avesse una sorella è un fatto noto solo a quei pochi che hanno studiato a fondo la vita del Maestro, e che sanno quindi che nell'infanzia egli si esibiva sempre in coppia con la sorella Nannerl. Ma d'un tratto quella fanciulla scompare del tutto dagli annali e anche le biografie più accurate di Mozart le riservano solo qualche nota distratta. Perché mai? Che cosa accadde a quel prodigioso talento nato in un corpo di donna? Questo romanzo ci svela la storia, incentrandosi su una vibrante figura femminile del XVIII secolo molto vicina a una donna del nostro tempo. Basato sulla corrispondenza della famiglia Mozart, il romanzo mescola episodi reali e inventati.(dal retro di copertina)
Commento
Già dalla trama letta su internet sapevo ciò a cui andavo incontro leggendo questo romanzo: quel senso di ingiustizia e di impotenza che sempre mi blocca lo stomaco quando si parla dei tentativi di una donna di trovare la propria strada e seguire le proprie passioni e inclinazioni, che vengono ostacolati dall'ottusità e dal maschilismo, soprattutto nei tempi antichi. La sorella di Mozart è un libro davvero bello: scorrevole, appassionante, ben scritto, anche se dopo aver letto la Austen e soprattutto Tolstoj, tutti i romanzi sembrano delle porcherie in confronto. Questo è un po' il "lato negativo" di leggere i classici (se può esistere un lato negativo nel leggere i capolavori della letteratura): ci si abitua a degli standard così alti che poi quando si cerca una lettura più leggera ci si rende conto perfettamente dei limiti di ciò che ci troviamo davanti. Nonostante questo, la vita di Nannerl mi ha coinvolto moltissimo e ho provato tanta tenerezza per questa ragazza schiacciata da un fratello troppo ingombrante, da una madre del tutto inerme e da un padre cieco e insensibile di fronte alle sue esigenze, come purtroppo capitava spesso alle donne fino a non molto tempo fa.
Nella vita di Nannerl si alternano momenti di grande felicità a momenti di immensa tristezza; ogni suo desiderio soppresso, ogni soddisfazione immediatamente smorzata dal fratello e dal padre, due figure che si contendono il suo amore/odio. In alcuni momenti mi faceva una gran pena, soprattutto perché si ritrova impotente di fronte alla propria vita che le scivola dalle mani, senza che lei riesca a prenderne il controllo, subendo continuamente le scelte altrui. Contemporaneamente mi ha portato ad incuriosirmi sul personaggio di Wolfgang Amadeus Mozart, che in questo romanzo viene dipinto come un ragazzo sicuramente egoista e manipolatore, abituato a ritenere che ogni cosa gli sia dovuta senza curarsi delle conseguenze, perché tanto ciò che importa sono solo lui e la sua arte, ma contemporaneamente anche inconsapevole della gravità dei suoi comportamenti, proprio perché nessuno, prima di tutto suo padre, gli ha mai insegnato a dare importanza ai sentimenti altrui.
Tutti i personaggi del romanzo mi sono piaciuti moltissimo, perché nella loro negatività o positività, erano approfonditi, sfaccettati, a volte anche contraddittori. Le descrizioni, poi, della musica, dei suoni e delle melodie sono incredibilmente ben riuscite, soprattutto in quanto trovo sia molto difficile comunicare con le parole ciò che generalmente percepiamo non solo con le orecchie, ma soprattutto con l'anima.
Si può dire che il romanzo si divida in tre parti: detto in linguaggio musicale un crescendo, uno smorzando e infine un nuovo crescendo, che è una vera e propria rinascita. Questo "ritorno alla vita" di Nannerl è rappresentato dalla scena secondo me più bella di tutto il romanzo, in cui lei, dopo aver passato mesi chiusa in una stanza al buio, finalmente riprende a sbocciare e permette al sole di baciarle prima una mano, poi un braccio, per poi lasciarsi totalmente inondare dalla luce. In generale, i capitoli finali sono quelli che più mi sono piaciuti, dato che qui emerge finalmente il vero carattere di Nannerl, che la ragazza è stata costretta per tutta la vita a nascondere in un guscio protettivo.
Wolfgang era tutto rosa, sì, tutto pelato, sì, e non aveva coscienza. Vagiva dalla bocca piccola e vuota di denti e aveva la testa allungata come un fagiolo. I suoi occhi sembravano non cogliere lo spazio, i suoi gesti erano privi di significato. Ma nello stesso istante in cui lo vide, Nannerl capì che lo amava con tutta se stessa, e che come amava lui non avrebbe amato nessun altro al mondo.
Nessuno la guardò, né parve accorgersi di lei. Il gruppetto, Leopold in testa, se ne andò portando il bimbo in trionfo e Nannerl, nella sala deserta, continuò a suonare per se stessa.
sfide: letture in lingua Autore: Jane Austen Anno di pubblicazione: 2000 Editore: Wordsworth Pagine: 255
Iniziato il: 06 dicembre 2011 Terminato il: 03 gennaio 2012 Valutazione: ★★★★
The family of Dashwood had been long settled in Sussex. Their estate was large, and their residence was at Norland Park, in the centre of their property, where for many generations they had lived in so respectable a manner as to engage the general good opinion of their surrounding aquaintance.
(incipit)
Trama
'Young women who have no economic or political power must attend to the serious business of contriving material security'. Jane Austen's sardonic humour lays bare the stratagems, the hypocrisy and the poignancy inherent in the struggle of two very different sisters to achieve respectability.Sense and Sensibility is a delightful comedy of manners in which the sisters Elinor and Marianne represent these two qualities. Elinor's character is one of Augustan detachment, while Marianne, a fervent disciple of the Romantic Age, learns to curb her passionate nature in the interests of survival.
(ibs.it)
Di seguito i commenti alle singole parti del gdl
(aggiornate sempre in questo post)
05 - 11 dicembre
Primo commento per questo romanzo e sono già in ritardo di due settimane; iniziamo bene!! A parte questo, il libro mi piace molto: il fatto di leggere in un'altra lingua è sempre ottimo, dato che mi obbliga a mettere molta più attenzione nella lettura e a notare dettagli che magari in italiano mi sfuggirebbero, e la scrittura di Jane Austen è come sempre frizzante e ironica. In questa prima parte, la scena senza dubbio migliore e in cui emerge pienamente l'abilità della Austin di essere pungente, è quella della paradossale discussione tra Mr. John Dashwood e la moglie sul denaro da dare (o meglio, da non dare) alle sorellastre di lui.
Elinor e Marianne, le due sorelle protagoniste, sono l'una l'opposto dell'altra: mentre la prima è riflessiva, responsabile e molto matura, la seconda è eccessiva in tutte le sue emozioni e non conosce mezze misure. Margaret, la terza sorella, è allegra, vivace, ma meno intelligente delle altre due. Mrs Dashwood, invece, ha lo stesso temperamento di Marianne e, pur essendo molto meno stupida e insopportabile della Mrs Bennet di Orgoglio e Pregiudizio, è molto impulsiva e deve essere allo stesso modo tenuta a freno dalle figlie (in questo caso, solo da Elinor). Le differenze tra Elinor e Marianne emergono anche dal loro modo di vivere e concepire l'amore: Elinor è molto pacata nei suoi sentimenti nei confronti di Edward, mentre Marianne si fa coinvolgere completamente dalla sua passione per Willoughby, dai loro interessi artistici in comune e dall'entusiasmo che il ragazzo mostra per tutto ciò che piace a lei. Elinor sicuramente può sembrare noiosa, ma credo che in realtà sia Marianne ad essere troppo immatura (oltretutto la madre, invece di farla riflettere, la asseconda in tutte le sue esagerazioni).
Anche in Sense and Sensibility, sono i personaggi maschili ad essere un po' più misteriosi ed equivoci: sia il Colonnello Brandon che Willoughby, partono senza fornire spiegazioni e senza preavviso, ma come giustamente pensa Elinor è il comportamento di Willoughby a provocare più domande, perché in netto contrasto con il suo atteggiamento fino a quel momento, mentre il Colonnello è sempre stato riservato e schivo, tanto da essere bersaglio delle battute sarcastiche di Marianne e Willoughby. Inoltre, lo stesso silenzio di Marianne a proposito del loro fidanzamento è sospetto e non fa presagire nulla di buono.
Il Colonnello Brandon è comunque l'unica persona interessante in quell'ammasso di gente insulsa come Mrs Jennings, Sir e Lady Middleton, che con il loro atteggiamento insistente ed impiccione risultano davvero insopportabili.
Tornando ai personaggi maschili, anche Edward, in apparenza così puro, sembra nascondere qualcosa: il suo arrivo inaspettato a Barton e il suo umore triste e ombroso, infatti, sono in netto contrasto con il suo atteggiamento precedente (anche se sempre molto contenuto, in armonia con quello di Elinor).
Elinor saw, with concern, the excess of her sister's sensibility; but by Mrs Dashwood it was valued and cherished. They encouraged each other now in the violence of their affliction. The agony of grief which overpowered them at first, was voluntarily renewed, was sought for, was created again and again.
12-18 dicembre
Rieccomi a commentare questo romanzo che mi piace sempre di più, anche se devo ammettere che ho notato l'assenza, o meglio, la scarsità di quei dialoghi serrati e frizzanti, tipici di Orgoglio e Pregiudizio.
Edward è sempre più strano e non si capisce come mai si sia recato a Burton con quell'umore così depresso. In più, c'è il mistero dell'anello con i capelli: come ha fatto a procurarsi i capelli della ragazza senza che lei se ne accorgesse? Ma soprattutto, che senso ha portar via i capelli di nascosto ad una persona: sembra una cosa un po' fetish, a dire la verità. Anche Edward, comunque, dopo un po' se ne va senza dare troppe spiegazioni; ma cos'hanno gli uomini in questo romanzo? E' comunque da notare quanto la reazione di Elinor alla partenza dell'amato sia diametralmente opposta a quella di Marianne.
Per quanto riguarda gli altri personaggi, per la nostra gioia si aggiungono altri due begli elementi alla già nutrita cricca di Barton Park: il maleducato e scontroso Mr Palmer e la sua sciocca moglie, figlia di quell'esempio di raffinatezza e riservatezza che è Mrs Jennings. L'insistenza e la predisposizione ad impicciarsi dei fatti altrui di Sir John e dei suoi ospiti è insopportabile. Molto divertente anche il capitolo con l'arrivo delle due cugine; qui la scena del dialogo tra Marianne, Elinor e le due giovani ricorda moltissimo l'ironia tipica di Orgoglio e Pregiudizio. Finalmente, scopriamo il mistero del comportamento di Edward, e la reazione di Elinor alla notizia sconvolgente del fidanzamento con quell'oca di Lucy, è comunque tipica del suo carattere: prima di lasciarsi andare allo sconforto, vaglia tutte le possibilità, e anche quando l'evidenza non può più essere smentita, cerca sempre di trovare una spiegazione sensata. Nonostante tutte le possibili scusanti, io non sarei stata così accondiscendente come Elinor, perché per quanto lui possa davvero non essere più convinto di un fidanzamento giovanile, resta il fatto che le ha taciuto la relazione con Lucy e ha fatto finta di niente, sfoggiando anche come se nulla fosse l'anello con la ciocca di capelli (che adesso sappiamo a chi appartengono). Infine, dopo che il comportamento di Willoughby mi puzzava sempre di più, ecco che viene svelato anche il suo mistero: lui sposa un'altra e la povera Marianne è disperata. Come sempre, comunque, il Colonnello Brandon è l'unico che dimostra di sapere come comportarsi; sinceramente io lo vedrei meglio con Elinor piuttosto che con Marianne, anche perchè Edward mi sembra un po' insipidino. Ho notato, infine, un certo parallelismo di personaggi con Orgoglio e Pregiudizio: Edward mi ricorda Mr Bingley, riservato, timidino, senza troppa spina dorsale; il Colonnello Brandon mi ricorda Mr Darcy, che resta nell'ombra, ma è l'unico che sa davvero cosa fare in ogni situazione; Willoughby, mi fa pensare invece a Wickham, un seduttore incallito che regolarmente illude e abbandona le sue conquiste.
19-25 dicembre
In questi capitoli centrali del romanzo, veniamo finalmente a saperne un po' di più su quel vigliacco di Willoughby (e sono fin troppo gentile a chiamarlo vigliacco) che seduce e abbandona le ragazze appena gli si presenta un'occasione migliore; molto triste, infatti, è il racconto che il colonnello Brandon fa a Elinor della sua storia d'amore e del terribile comportamento di Willoughby con Eliza. Anche in questo racconto ho trovato molte similitudini tra Willoughby e Wickham, dato che i due fanno esattamente lo stesso bello scherzetto, anche se ad Eliza va molto peggio che non a Lydia Bennet, ma probabilmente solo perché in Orgoglio e Pregiudizio Mr Darcy risolve la situazione.
La povera Marianne dopo un po' diventa davvero insopportabile; capisco la situazione, però vederla piangere una pagina si e una no diventa un po' una scocciatura, soprattutto quando noi lettori sappiamo (e infine viene rivelato anche a Marianne) quello che nello stesso momento sta passando, in silenzio, Elinor. Fortunatamente, scoprire la sofferenza muta della sorella obbliga Marianne a controllarsi un po', ed è carinissima la scena in cui, dopo aver promesso alla sorella che non avrebbe fatto alcun commento con nessuno sul fidanzamento di Lucy e Edward, si sforza al massimo per trattenersi, anche quando "gliele tirano fuori" (tipo quando il fratello fraintende la sua esclamazione durante il racconto dei tentativi di Mrs Ferrars di convincere Edward ad infrangere la promessa fatta a Lucy e sposare Mrs. Morton!). Mr John Dashwood, comunque, insiste nel dimostrarsi un essere disgustoso, mentre come molte di voi ho rivalutato Mrs. Jennings, la quale, pur a modo suo, è una persona buona e sincera, che si preoccupa davvero per chi le sta intorno (addirittura di offre di ospitare Edward a casa sua).
Per quando riguarda Mrs Ferrars e Mrs John Daswood (la moglie, quindi, del fratello di Elinor e Marianne), sono davvero due esemplari di disgustosa ipocrisia: prima il tentativo di sminuire e offendere Elinor, poi la scena isterica con conseguente cacciata di Lucy (per la quale, ammetto, ho goduto come un riccio). Tremende!
There was a kind of cold-hearted selfishness on both sides, which mutually attracted them; and they sympathized with each other in an insipid propriety of demeanour, and a general want of understanding.
Elinor was to be the comforter of others in her own distresses, no less than in theirs.
09-15 gennaio
In questi capitoli finali succede davvero di tutto e avrei mille cose da dire, a partire dall'inaspettata comparsa di Willoughby. Dopo la prima lettura del suo discorso a Elinor e del conseguente cambiamento dell'opinione della ragazza nei suoi confronti, ero convinta di non aver capito un tubo, così ho riletto per due volte ancora la parte e mi sono resa conto di aver capito benissimo; ma com'è possibile che Elinor prenda per buone le scuse di Willoughby? Ho invece trovato la reazione di Marianne molto più sensata, dato che posso capire che lei in qualche modo desideri riabilitare un po' l'immagine che porterà dentro di sé del suo primo amore.
Per quanto riguarda Edward, devo ammettere di averlo rivalutato con piacere: la spiegazione che fornisce del suo comportamento lo affranca completamente da tutte le accuse di smidollato che gli avevo mosso; anzi, se potessi entrerei nel libro e gli chiederei scusa! ^_^ Per quanto riguarda Lucy e Robert; beh, cosa dire se non che si meritano l'uno con l'altra? Ed è vero, mi dispiace che Elinor e Edward si debbano adattare a vivere con quel poco che hanno, ma vuoi mettere non essere costretti a fare i lecchini con Mrs Ferrars e Fanny? Per lo meno peggio di così non possono essere trattati! Infine, sono contenta anche del matrimonio tra Marianne e il Col. Brandon, anche se come coppia proprio non ce li vedo: è vero che lei adesso è diventata più equilibrata e matura, però non mi convincono lo stesso, soprattutto perché sembra proprio che l'abbia accettato per riconoscenza.
The world had made him extravagant and vain - extravagance and vanity had made him cold-hearted and selfish. Vanity, while seeking its own guilty triumph at the expense of another, had involved him in a real attachment, which extravagance, or at least its offspring necessity, had required to be sacrificed. Each faulty propensity in leading him to evil, had led him likewise to punishment.
Commento Generale
Con una lentezza davvero esasperante, almeno per i miei soliti ritmi di lettura, specialmente per Jane Austen, ho finalmente raggiunto la meta, rispettando anche incredibilmente i tempi del gdl! Il problema fondamentale di questo romanzo è stato la lingua; nonostante abbia capito sempre tutti gli avvenimenti, i dialoghi e le descrizioni, mi sono resa conto di aver faticato molto durante la lettura, ritrovandomi spesso a ripercorrere più volte le stesse frasi per cogliere al cento per cento il loro significato, probabilmente a causa dell'inglese ottocentesco (soprattutto per le strutture grammaticali, più complesse di quelle che ritrovo nei libri contemporanei). A parte questo, il romanzo mi è piaciuto molto, pur avendolo trovato sicuramente inferiore a Orgoglio e Pregiudizio: personaggi meno incisivi, dialoghi meno serrati e appassionanti e conclusione un po' frettolosa. In ogni caso, la società descritta dalla Austen ha sempre un fascino particolare, e non mancano certo alcuni personaggi azzeccati come Mr John Dashwood e consorte, Mrs Jennings e il Colonnello Brandon. Il finale, come ho già detto, mi ha lasciato in parte insoddisfatta, anche se è perfettamente coerente con il messaggio del romanzo: la felicità, infatti, sta nella moderazione ed entrambe le coppie andranno probabilmente incontro ad un futuro di tranquilla serenità (che, in ogni caso, buttala via!). Certo, in un certo senso è più deprimente, soprattutto in un romanzo, però è in effetti la conclusione più realistica.