Uno studio in rosso

(A Study in Scarlet)
di Arthur Conan Doyle

Serie: Sherlock Holmes, #1
Formato: Paperback, 88 pagine
Editore: Newton Compton, 2007
Genere: Romanzo, Giallo
Lettura n.: 37/2014
Preso da: Biblioteca
Inizio lettura: 09 dicembre 2014
Fine lettura: 09 dicembre 2014
Ambientazione: Londra, Inghilterra (Regno Unito), 1800 | Utah (Stati Uniti), 1800
Pubblicato: 1887
Links: aNobii, Goodreads, Pinterest
Sfide: gioco a squadre, sfida alfabetitolo, sfida dei classici, sfida dei generi letterari, sfida del Regno Unito, sfida degli USA, 100 libri
Voto: 8/10
Nell'anno 1878, conseguita la laurea in medicina alla London University, mi recai a Netley per seguire il corso di specializzazione come chirurgo militare. Completati i miei studi, fui regolarmente distaccato presso il Quinto Corpo Fucilieri del Northumberland in qualità di assistente chirurgo. All'epoca, il reggimento era di stanza in India e, prima che io potessi raggiungerlo, era scoppiato il secondo conflitto afghano. Sbarcando a Bombay, venni a sapere che il mio reparto aveva già attraversato i passi ed era ormai all'interno del territorio nemico. Molti altri ufficiali si trovavano, comunque, nella mia stessa situazione. Seguimmo quindi il reparto e riuscii a raggiungere sano e salvo Candahar, dove mi ricongiunsi al mio reggimento assumendo subito le mie nuove funzioni.
incipit
Sinossi
"Uno studio in rosso" è il romanzo che segna l’esordio di Sherlock Holmes, l’investigatore più amato e imitato di tutti i tempi.
Attraverso il racconto del dottor Watson, suo inseparabile socio e amico, vede la luce l’infallibile detective, con la sua intelligenza fulminea e gli straordinari metodi di indagine. Un uomo capace di scovare una verità dove gli altri vedono una bugia, una soluzione lampante in un mistero che per tutti è tremendamente ingarbugliato. La scienza della deduzione e il rigore di una razionalità inflessibile hanno fatto della creatura di Doyle il paradigma dell’investigatore letterario, un mito che sembra destinato a non tramontare mai.

Commento
Tanto perché non sono presa da altre milioni di serie e di saghe contemporaneamente ho deciso finalmente di cimentarmi con il leggendario Sherlock Holmes, sul quale ho letto secoli fa un solo romanzo ("Il cane dei Baskerville") di cui non mi ricordo assolutamente nulla. "Uno studio in rosso" mi è piaciuto molto, e mi è piaciuto ancora di più il fatto che sia riuscito totalmente a sorprendermi; infatti la prima indagine fatta da Sherlock al cospetto di noi lettori è appassionante e divertente, ma ciò che più mi ha colpito sono stati i primi due capitoli della seconda parte, che con il romanzo sembrano non avere nulla a che fare. Non voglio dire troppo per evitare di rovinare la sorpresa a chi non l'avesse mai letto ma è stata una rivelazione ed è stata incredibilmente affascinante... quasi più bella della storia "di partenza".

Il personaggio di Sherlock Holmes è fantastico, non mi sarei mai aspettata di trovarlo così incredibilmente simile (caratterialmente) alla sua più recente trasposizione cinematografica: lo Sherlock di Robert Downey Jr. Il problema è che effettivamente il personaggio si adeguava così perfettamente all'immagine data dal film, che non sono stata capace di immaginarmi il detective fisicamente simile a come lo descrive Conan Doyle: davanti ai miei occhi c'era sempre e solo Robert Downey.... in effetti è stato un gran sacrificio pensarci costantemente! ^_^

Ormai credo di essere definitivamente entrata nel tunnel del giallo un po' come qualche anno fa ero entrata in quello del fantasy: spero solo di non ripetere l'errore di fare indigestione!

L'INDIMENTICABILE ESTATE DI ABILENE TUCKER

(Moon Over Manifest)
di Clare Vanderpool

Formato: Paperback, 384 pagine
Editore: EDT, 2012
Genere: Romanzo, Storico, Ragazzi
Lettura n.: 36/2014
Preso da: Biblioteca
Inizio lettura: 13 ottobre 2014
Fine lettura: 08 dicembre 2014
Ambientazione: Kansas (Stati Uniti), 1900
Pubblicato: 2012
Premi letterari: Newbery Medal (2011)
Links: aNobii, Goodreads
Voto: 7/10
KANSAS, 27 MAGGIO 1936 - Il rollio del treno mi cullava, come una ninna nanna. Chiusi gli occhi, stufa della campagna polverosa, e provai a immaginare quel cartello che conoscevo solo dai racconti. Quello che campeggiava all'ingresso della città, con enormi lettere blu che recitavano MANIFEST: CITTA' CON UN RICCO PASSATO E UN LUMINOSO FUTURO.
incipit
Sinossi
Una torrida estate, una cittadina del Kansas, una ragazzina curiosa e ostinata, un contorno di personaggi bizzarri, un mistero svelato: questi gli ingredienti di un avvincente romanzo di crescita e formazione, appassionante per la ricchezza di riferimenti storici.

Commento
Ho impiegato un'eternità a terminare la lettura di questo romanzo perché ho dovuto interromperlo a circa metà per poter cominciare la sfida a squadre per la quale non potevo farlo valere; forse però la motivazione principale sta nel fatto che pur essendo un libro ben scritto, l'ambientazione storica molto curata (non mi ero assolutamente resa conto, inizialmente, che si trattasse di un romanzo del 2012 da quanto sembrasse realistico che fosse stato scritto ai primi del '900), i personaggi interessanti e la storia valida, non mi ha totalmente rapita e appassionata tanto che, appunto, non ho avuto troppi problemi a fermarmi per riprenderlo successivamente.

La storia è narrata in due periodi storici distinti, il 1936 di Abilene e il 1917/18, sempre nella cittadina texana di Manifest, e ruota attorno alla storia del paese, svelata "a puntate" alla giovane Abilene dai racconti di una veggente ungherese e dalle vecchie edizioni del giornale locale (questo mi ha ricordato molto "Pomodori verdi fritti al caffè di Whistle Stop, dove venivano riproposte pagine prese dai vecchi giornali locali; un espediente carinissimo). Abilene è in città sulle tracce di suo padre e di una spia, misteri che alla fine del romanzo verranno svelati in un modo che mi ha lasciato un po' insoddisfatta: il mistero della spia, infatti, è deludente e la storia del padre di Abilene è in effetti abbastanza prevedibile anche se l'autrice dissemina qualche falso indizio che fa dubitare a volte delle proprie intuizioni.

Equal Rites - Terry Pratchett [Discworld, #3]

Equal Rites
di Terry Pratchett

Serie: Discworld, #3
Formato: Ebook, 272 pagine
Editore: HarperCollins, 2009 (I edizione - 1987)
Genere: Romanzo, Umoristico, Fantasy
Inizio lettura: 10 novembre 2014
Fine lettura: 14 novembre 2014
Preso da: Kobo
Lettura n.: 25/2014
I would like it to be clearly understood that this book is not wacky. Only dumb redheads in fifties' sitcoms are wacky.
No, it's not zany, either.
This is a story about magic and where it goes and perhaps more importantly where it comes from and why, although it doesn't pretend to answer all or any of these questions.
It may, however, help to explain why Gandalf never got married and why Merlin was a man. Because this is also a story about sex, although probably not in the athletic, tumbling, count-the-legs-and-divide-by-two sense unless the characters get totally beyond the author's control. They might.
However, it is primarily a story about a world. Here it comes now. Watch closely, the special effects are quite expensive.
(incipit)
Trama
L'ultima azione che il mago Drum Billet riesce a compiere prima che Morte poggi la propria mano ossuta sulla sua spalla è tramandare il proprio bastone del potere all'ottavo figlio di un ottavo figlio. Sfortunatamente per i suoi maschilisti colleghi nel mondo magico, si scorda di controllare il sesso del neonato...

Commento
Leggere questo romanzo in lingua originale non è stato per niente semplice ma ne è valsa la pena, perché mi sono divertita moltissimo a seguire Eskarina nelle sue avventure

Il mio giudizio

Altre cover

L'autrice
(Killeen, Texas, 1958) Kim Edwards è una scrittrice statunitense. Ha raggiunto la notorietà con il suo primo romanzo, Figlia del silenzio, che compare nella lista dei bestseller del New York Times, e che ha vinto il Popular Fiction Award e il British Book Award 2008.

IL VECCHIO CHE LEGGEVA ROMANZI D'AMORE - Luis Sepùlveda

Titolo originale: Un viejo que leía novelas de amor
Editore: Mondolibri
Anno: 2000
Pagine: 132
Formato: Hardcover
Anno di pubblicazione: 1989
Genere: romanzo
Periodo di lettura: 05-07 ottobre 2014
Il cielo, che gravava minaccioso a pochi palmi dalle teste, sembrava una pancia d'asino rigonfia. Il vento, tiepido e appiccicoso, spazzava via alcune foglie morte e scuoteva con violenza i banani rachitici che decoravano la facciata del municipio. I pochi abitanti di El Idilio, e un gruppo di avventurieri arrivati dai dintorni, si erano riuniti sul molo e aspettavano il loro turno per sedersi sulla poltrona portatile del dottor Rubicundo Loachamìn, il dentista, che leniva i dolori dei suoi pazienti con una curiosa sorta di anestesia orale.
Trama: Il vecchio Antonio José Bolivar vive ai margini della foresta amazzonica equadoriana. Antonio vi è approdato dopo molte disavventure che non gli hanno lasciato molto: i suoi tanti anni, la fotografia sbiadita di una donna che fu sua moglie, i ricordi di un'esperienza - finita male - di colono bianco e alcuni romanzi d'amore che legge e rilegge nella solitudine della sua capanna sulla riva del grande fiume. Ma nella sua mente, nel suo corpo e nel suo cuore è custodito un tesoro inesauribile, che gli viene dall'aver vissuto "dentro" la grande foresta, insieme agli indios shuar: una sapienza particolare, un accordo intimo con i ritmi e i segreti della natura che nessuno dei famelici gringos saprà mai capire.

Cosa ne penso: Chissà perché ho aspettato tanto a leggere questo romanzo. Credo di averlo in libreria da più di cinque anni e le sue uniche colpe sono probabilmente l'essere in edizione Mondolibri (inutile che stia a spiegarne il motivo: ogni lettore prima o poi ci si è scontrato) e, per di più, avere una copertina orribile che proprio non invoglia la lettura. Vabé, estetica a parte ciò che si nasconde dietro l'orribile cover è una bella storia, profonda e che mi ha provocato sentimenti di rabbia, dolore e impotenza.

I due protagonisti del romanzo, il vecchio e il tigrillo, sono anche le vittime dell'indifferenza e dell'arroganza dell'uomo (bianco ovviamente, quello presuntuoso che pensa che tutto il mondo stia ai suoi piedi e che sia fatto esclusivamente a suo uso e consumo) che prende, prende, prende senza mai dare. Entrambi mi hanno suscitato un fortissimo sentimento di pietà per le azioni che sono stati costretti a compiere a causa della superficialità e del disinteresse di un solo uomo; da una parte l'animale, intrappolato nella sua disperata ricerca della vendetta e dall'altra il vecchio, che viene costretto dalle circostanze a mettersi allo stesso livello dei 'gringos' che distruggono la foresta che tanto ama disattendendo (non per la prima volta) le leggi di chi gli ha insegnato a vivere e rispettare quella natura.

Naturalmente il romanzo è da intendersi come una metafora degli effetti provocati dallo sfruttamento indiscriminato del nostro pianeta; il tigrillo stesso è molto umanizzato e questo non fa che aumentare l'immedesimazione e la comprensione degli enormi danni che provoca la nostra indifferenza.

Questo libro mi ha portato: Ecuador, 1900
Sfide: sfida dei classici

Le mie letture: Il paradiso degli orchi, di Daniel Pennac (Ciclo di Malaussene, #1)

Il paradiso degli orchi (Malaussène #1)Il paradiso degli orchi by Daniel Pennac
My rating: 4 of 5 stars

Un eroe, Malaussène, che come lavoro fa il "capro espiatorio". Una famiglia disneyana, senza mamme e babbi, con fratellini geniali, sorelle sensitive, una "zia" maschio protettrice di vecchietti, ladri e travestiti brasiliani, una "zia" femmina super-sexy, ritratto irresistibile del giornalismo alla Actuel, una misteriosa guardia notturna serba e un cane epilettico. Questa esilarante banda di personaggi indaga su una serie di oscuri attentati, sull'orrore nascosto nel Tempio del benessere, un Grande Magazzino dove scoppiano bombe tra i giocattoli e un Babbo Natale assassino aspetta la prossima vittima. Un'altalena tra divertimento e suspence, tra una Parigi da Misteri di Sue e una Parigi post-moderna dove proliferano i piccoli e grandi "orchi" che qualcuno crede estinti. Degli orchi si può ridere o si può tremare. Uno scrittore d'invenzione, un talento fuori delle scuole come Pennac, non ha certo paura di affrontarli con l'arma che lui stesso così definisce nel libro: "il comico, espressione dell'etica". (Stefano Benni)

☕☕☕

Totalmente rivalutato a fine lettura, ma non come quei libri che si riprendono nel finale, mentre tutto il resto rimane insipido: in questo caso, arrivata alla fine ho visto tutto il romanzo sotto una luce nuova.

"Signori Bambini" di Daniel Pennac

Oggi inauguro il mio ritorno al blog parlando di un libro che mi è stato regalato secoli fa per un compleanno e che ho lasciato per anni nella libreria a prendere polvere senza un motivo particolare... mi sembrava che non fosse mai il momento, quando invece si è dimostrato estremamente scorrevole e simpatico, perfetto proprio per quei periodi in cui tutti i libri sembrano sempre troppo impegnativi.

Signori Bambini
(Messieurs Les Enfants)
di Daniel Pennac

Serie: -
Formato: Paperback, 182 pagine
Editore: Feltrinelli, 2011 (I edizione - 1997)
Genere: Romanzo, Narrativa varia
Inizio lettura: 28 aprile 2014
Fine lettura: 28 aprile 2014
Preso da: La mia libreria
Lettura n.: 5/2014

Durante una delle sue lezioni Monsieur Craistang, professore di francese, dà ai suoi allievi per punizione un tema per il giorno seguente: "una mattina ti svegli e ti accorgi di essere diventato adulto. Vai in camera dei tuoi genitori e scopri che sono tornati bambini. Racconta il seguito". Da questo spunto decolla un'avventura quasi disneyana in piena Belleville, intrappolata in tutte le contraddizioni della nostra difficile contemporaneità.

Il mio giudizio:

"Immaginazione non significa menzogna."
Crastaing lo urlava senza alzare la voce.
"Immaginazione non significa menzogna!"
La sua cartella vomitava i nostri compiti sulla cattedra.
"Lo fate apposta?"
Nessuno lo faceva apposta. Bisognava essere dementi per farlo apposta.
"Quante volte dovrò ripetervelo?"
Trent'anni dopo, lo ripeteva ancora:
"Immaginazione non significa menzogna!".
(incipit)
Il mio commento
Questo romanzo è stato per me una bellissima sorpresa. Avevo già letto e sentito parlare di Daniel Pennac e avevo sempre fatto caso ai giudizi estremamente positivi che i lettori, dalle mie amiche blogger agli utenti di Goodreads o aNobii, danno a questo autore e ai suoi romanzi, ma chissà perché non mi sentivo mai pronta per provare a leggerne uno anch'io.

La trama è davvero semplice ma allo stesso tempo originale: quello che nasce come un tema assegnato per punizione diventa realtà per tutti coloro che cercano di svolgerlo, e la vita di tre ragazzini (e un professore) viene sconvolta dall'inspiegabile fenomeno della trasformazione dei bambini in adulti e degli adulti in bambini. E' davvero un'idea bellissima che mi ha spinto, durante la lettura, a fare due tipi di ragionamenti diversi: il primo mi ha portato a pensare se ciò che veniva descritto (i comportamenti dei protagonisti, gli eventi attorno a loro, ecc.) potesse davvero essere verosimile, mentre dall'altra parte non ho potuto fare a meno di mettermi a pensare cosa avrei fatto io, cosa sarebbe accaduto a me se mi fossi trovata al posto dei protagonisti. E questo "gioco" è stato divertentissimo.

La verosimiglianza secondo me c'è: i personaggi hanno delle reazioni che ho trovato perfettamente plausibili e adatte al loro carattere, almeno per quanto ci viene fatto capire nei primi capitoli, prima che avvenga la trasformazione. La parte più divertente è quella in cui vediamo i genitori/bambini che mostrano atteggiamenti infantili dietro i quali emerge, forse inconsciamente o forse no, il loro carattere adulto (questo è un punto che nel libro non viene risolto: i genitori erano coscienti della situazione quanto i figli oppure l'essere tornati bambini non gli ha permesso di rendersi conto davvero di ciò che era accaduto?), e ho trovato estremamente azzeccata anche la soluzione inventata da Pennac per il professor Craistang, che diventa l'esempio pratico dei temi su cui credo il libro intenda far riflettere. Il romanzo, infatti, tratta principalmente del tema dei bambini troppo seri, i bambini/adulti, che magari a causa di un loro talento particolare o solo per vanità dei genitori vengono privati di un diritto che invece è fondamentale, cioè il diritto alla leggerezza. Quello di divertirsi, di essere irresponsabili, di fare sciocchezze, è un diritto sacrosanto secondo me e non solo quando si è piccoli: anche da adulti credo che sia importante essere capaci di essere "leggeri". Non sempre, certo, ma spesso: io non so come facciano quelle persone che non ridono mai, che non fanno mai cose stupide (con stupide non intendo per forza pericolose, solo non "assennate"), che non si ridicolizzano ma si prendono sempre sul serio... io non ce la farei: ho il bisogno fisico di fare la scema!

La narrazione avviene in terza persona, ma la voce narrante appartiene al padre di Igor, morto di AIDS a seguito di una trasfusione, che osserva le vicende "dall'alto" (e in qualche modo ci si mescola) con un atteggiamento allo stesso tempo ironico e affettuoso che mi è piaciuto moltissimo e mi ha coinvolta ancora di più: sembra davvero di essere parte di quella grande famiglia che si crea dopo questa avventura, ed è impossibile non innamorarsi dei suoi protagonisti.

Curiosità davvero simpatica: questo romanzo è frutto di una scommessa tra Pennac e il suo amico regista Pierre Boutron. Secondo l'accordo, i due avrebbero dovuto raccontare la stessa storia, uno in forma di libro, l'altro di film, senza vedere i rispettivi lavori prima che entrambi fossero terminati. Purtroppo il film di Boutron esiste solo in francese, oltretutto senza nemmeno i sottotitoli in inglese (o almeno, io su internet non ne ho trovata alcuna copia).

Copertine ed edizioni:


L'autore:
Nato a Casablanca nel 1944, Pennac è noto per una serie di romanzi di straordinario successo, che hanno per protagonisti Benjamin Malaussène, la sua squinternata famiglia e il quartiere parigino di Belleville, dove si muove una folla pittoresca di immigrati e opera una comunità di artisti.
Figlio di un ufficiale dell'esercito francese, dopo un'infanzia in giro per il mondo, tra l'Africa, Europa e Asia, si stabilì definitivamente a Parigi dove insegna dal 1970.