Buon sabato a tutti, finalmente l'autunno è arrivato davvero (e con sé mi ha portato una simpaticissima tosse che non mi fa dormire) e possono ricominciare i miei pigri weekend casalinghi, fatti di blog, letture e film sotto la copertina... che bellezza!!
Oggi pubblico la recensione dell'unico romanzo che ho iniziato e terminato in settembre: spero davvero che ottobre mi permetta di avere più tempo anche perché come vi ho già detto nell'ultimo post ho iniziato una lettura non esattamente leggerissima e a cui devo dedicare del tempo se non voglio tirarmela avanti fino all'anno prossimo.
Cecità è la cronaca di ciò che accade quando un giorno comincia a diffondersi un'epidemia di cecità: improvvisamente, una dopo l'altra, le persone perdono completamente la vista trovandosi immersi in una luminosità bianca e compatta che non svanisce nemmeno chiudendo gli occhi.
La reazione iniziale del governo di questa città senza nome è quella di mettere subito in quarantena tutti i ciechi e le persone che sono state loro vicine, nella speranza di fermare l'epidemia, ma senza risultato: nonostante i provvedimenti la cecità dilaga e la società entra nel caos più totale.
Lo stile di questo romanzo è effettivamente molto particolare: si articola in periodi lunghi, con molte subordinate e la punteggiatura è costituita esclusivamente da virgole, punti e lettere maiuscole, che assolvono a tutte le funzioni solitamente svolte dagli altri segni; anche i dialoghi sono tutti introdotti da una virgola e lettera maiuscola. Pur essendo molto facile e rapido abituarsi a questo stile (o almeno lo è stato per me), è necessario mettere molta attenzione nella lettura in quanto è sufficiente solo una minima distrazione per disorientarsi e perdere il filo. Questo stratagemma porta il lettore ad immergersi talmente nella storia da rendere l'immedesimazione estremamente profonda: a me è capitato un paio di volte di alzare gli occhi dal libro e di stupirmi di non trovarmi davvero in un mondo di ciechi ma di essere nella mia realtà, magari sul mio divano o nel mio letto... è stata un'esperienza di una profondità unica che credo non mi sia mai capitato di provare prima.
Il narratore è esterno e onnisciente così, nonostante segua principalmente un gruppo di personaggi, fornisce sempre al lettore un quadro generale della situazione, anche riguardo fatti che i protagonisti non possono conoscere (ad esempio, quello che passa nella testa dei politici o delle guardie).
Nel romanzo non viene mai citato un nome di persona: i personaggi non vengono mai chiamati nemmeno dal narratore con i loro nomi, bensì con delle caratteristiche che li rappresentano, spesso legate al loro passato di vedenti come il medico, la moglie del medico, il primo cieco, il ragazzo strabico. Questo perché nella cecità i nomi perdono di significato: cosa importa sapere che il mio vicino di letto si chiama Mario, l'importante è sapere che ho un vicino di letto ed è la sua voce quella che sento al mio fianco.
L'ambientazione divide il romanzo in due sezioni: la prima in cui i ciechi sono richiusi in un ex manicomio dal quale non possono uscire, minacciati dalle guardie che sparano su chiunque si avvicini al portone per paura della diffusione del contagio. La seconda si svolge invece per le strade della città e presenta uno scenario molto differente, di immensa desolazione in cui però i ciechi sono in parte riusciti a trovare un equilibrio.
La parte di romanzo ambientata nel manicomio è terribile: vi si creano tre diverse tipologie di dinamiche, ovvero quelle tra soldati che fanno la guardia esternamente e internati, tra chi è cieco e chi ancora non lo è diventato e tra ciechi, ma tutte sono fondate sullo stesso meccanismo: l'egoismo e la volontà di salvare sé stessi prima degli altri anche se questa salvezza è solo un'illusione. Non sto a descrivere tutto quello che accade nel manicomio, va letto, l'unico commento che posso fare riguarda il realismo della situazione narrata: sono convinta che queste siano esattamente le dinamiche che si creano tra persone che si trovano ad affrontare una situazione drammatica, ovvero il tentativo di prevaricare gli uni sugli altri anche quando l'unica speranza di salvezza sarebbe cooperare.
La seconda parte si svolge all'esterno del manicomio e ci mostra la lotta per la sopravvivenza nel mondo ormai diventato interamente cieco, in cui le uniche priorità nella vita di ciascun individuò è trovare del cibo e un riparo.
In tutto questo ho evitato di fornire un'informazione essenziale al fine di comprendere ciò che avviene nel romanzo ma che potrebbe essere uno spoiler per chi volesse godersi la storia senza alcun tipo di anticipazione: uno dei personaggi che seguiamo per tutta la storia, ovvero la moglie del medico, è l'unica persona che conserverà la vista per tutta la durata del romanzo, e sarà attraverso i suoi occhi che vedremo l'orrore in cui siamo immersi, aumentando ancora di più l'angoscia della situazione.
La conclusione del romanzo è stata quella che mi aspettavo sin dall'inizio, ma credo proprio che non avrebbe potuto concludersi altrimenti.
Cecità è un romanzo davvero sconvolgente, che colpisce come un pugno nello stomaco e obbliga ad immedesimarsi nei personaggi e a chiederci cosa faremmo noi nella stessa situazione; mi ha portato inoltre a fare molti parallelismi con gli avvenimenti della nostra attualità, perché ritengo che davvero faccia parte della natura dell'uomo mostrare il peggio di se nelle situazioni drammatiche e in cui ci sentiamo in pericolo. Fosse per me, proporrei di distribuirlo gratuitamente per strada, alle fermate degli autobus, al casello dell'autostrada, in stazione, ovunque, perché costringe a mettersi in discussione e a rendersi conto che forse non c'è bisogno di un'epidemia di cecità per far piombare l'umanità nella barbarie dell'egoismo.
Lettura: 08 - 19 settembre 2015
Ambientazione: -
La serie: #1 Cecità, #2 Saggio sulla lucidità
Oggi pubblico la recensione dell'unico romanzo che ho iniziato e terminato in settembre: spero davvero che ottobre mi permetta di avere più tempo anche perché come vi ho già detto nell'ultimo post ho iniziato una lettura non esattamente leggerissima e a cui devo dedicare del tempo se non voglio tirarmela avanti fino all'anno prossimo.
(Ensaio sobre a Cegueira)
di José Saramago
Formato: Paperback, 276 pagine
Editore: Feltrinelli, 2010
Genere: Mistery, avventura
di José Saramago
Formato: Paperback, 276 pagine
Editore: Feltrinelli, 2010
Genere: Mistery, avventura
Data prima pubblicazione: 2005
Lettura n.: 49/2015
Preso da: Libreria
Voto: 9.5/10
Lettura n.: 49/2015
Preso da: Libreria
Voto: 9.5/10
Il disco giallo si illuminò. Due delle automobili in testa accelerarono prima che apparisse il rosso. Nel segnale pedonale comparve la sagoma dell'omino verde. La gente in attesa cominciò ad attraversare la strada camminando sulle strisce bianche dipinte sul nero dell'asfalto, non c'è niente che assomigli meno a una zebra, eppure le chiamano così. Gli automobilisti, impazienti, con il piede sul pedale della frizione, tenevano le macchine in tensione, avanzando, indietreggiando, come cavalli nervosi che sentissero arrivare nell'aria la frustata. Ormai i pedoni sono passati, ma il segnale di via libera per le macchine tarderà ancora alcuni secondi, c'è chi dice che questo indugio, in apparenza tanto insignificante, se moltiplicato per le migliaia di semafori esistenti nella città e per i successivi cambiamenti dei tre colori di ciascuno, è una delle più significative cause degli ingorghi, o imbottigliamenti, se vogliamo usare il termine corrente, della circolazione automobilistica.
Finalmente si accese il verde, le macchine partirono bruscamente, ma si notò subito che non erano partite tutte quante. La prima della fila di mezzo è ferma, dev'esserci un problema meccanico, l'acceleratore rotto, la leva del cambio che si è bloccata, o un'avaria nell'impianto idraulico, blocco dei freni, interruzione del circuito elettrico, a meno che non le sia semplicemente finita la benzina, non sarebbe la prima volta. Il nuovo raggruppamento di pedoni che si sta formando sui marciapiedi vede il conducente dell'automobile immobilizzata sbracciarsi dietro il parabrezza, mentre le macchine appresso a lui suonano il clacson freneticamente. Alcuni conducenti sono già balzati fuori, disposti a spingere l'automobile in panne fin là dove non blocchi il traffico, picchiano furiosamente sui finestrini chiusi, l'uomo che sta dentro volta la testa verso di loro, da un lato, dall'altro, si vede che urla qualche cosa, dai movimenti della bocca si capisce che ripete una parola, non una, due, infatti è così, come si viene a sapere quando qualcuno, finalmente, riesce ad aprire uno sportello, Sono cieco.
incipit
Commento
E' la prima volta che leggo un romanzo di José Saramago (autore premio Nobel per la letteratura nel 1998) e prima di cominciarlo non sapevo bene cosa aspettarmi, avendo sentito i più svariati commenti su quanto fosse bello ma al tempo stesso angosciante, sullo stile di scrittura difficile, sul finale deludente.Cecità è la cronaca di ciò che accade quando un giorno comincia a diffondersi un'epidemia di cecità: improvvisamente, una dopo l'altra, le persone perdono completamente la vista trovandosi immersi in una luminosità bianca e compatta che non svanisce nemmeno chiudendo gli occhi.
La reazione iniziale del governo di questa città senza nome è quella di mettere subito in quarantena tutti i ciechi e le persone che sono state loro vicine, nella speranza di fermare l'epidemia, ma senza risultato: nonostante i provvedimenti la cecità dilaga e la società entra nel caos più totale.
Lo stile di questo romanzo è effettivamente molto particolare: si articola in periodi lunghi, con molte subordinate e la punteggiatura è costituita esclusivamente da virgole, punti e lettere maiuscole, che assolvono a tutte le funzioni solitamente svolte dagli altri segni; anche i dialoghi sono tutti introdotti da una virgola e lettera maiuscola. Pur essendo molto facile e rapido abituarsi a questo stile (o almeno lo è stato per me), è necessario mettere molta attenzione nella lettura in quanto è sufficiente solo una minima distrazione per disorientarsi e perdere il filo. Questo stratagemma porta il lettore ad immergersi talmente nella storia da rendere l'immedesimazione estremamente profonda: a me è capitato un paio di volte di alzare gli occhi dal libro e di stupirmi di non trovarmi davvero in un mondo di ciechi ma di essere nella mia realtà, magari sul mio divano o nel mio letto... è stata un'esperienza di una profondità unica che credo non mi sia mai capitato di provare prima.
Il narratore è esterno e onnisciente così, nonostante segua principalmente un gruppo di personaggi, fornisce sempre al lettore un quadro generale della situazione, anche riguardo fatti che i protagonisti non possono conoscere (ad esempio, quello che passa nella testa dei politici o delle guardie).
Nel romanzo non viene mai citato un nome di persona: i personaggi non vengono mai chiamati nemmeno dal narratore con i loro nomi, bensì con delle caratteristiche che li rappresentano, spesso legate al loro passato di vedenti come il medico, la moglie del medico, il primo cieco, il ragazzo strabico. Questo perché nella cecità i nomi perdono di significato: cosa importa sapere che il mio vicino di letto si chiama Mario, l'importante è sapere che ho un vicino di letto ed è la sua voce quella che sento al mio fianco.
L'ambientazione divide il romanzo in due sezioni: la prima in cui i ciechi sono richiusi in un ex manicomio dal quale non possono uscire, minacciati dalle guardie che sparano su chiunque si avvicini al portone per paura della diffusione del contagio. La seconda si svolge invece per le strade della città e presenta uno scenario molto differente, di immensa desolazione in cui però i ciechi sono in parte riusciti a trovare un equilibrio.
La parte di romanzo ambientata nel manicomio è terribile: vi si creano tre diverse tipologie di dinamiche, ovvero quelle tra soldati che fanno la guardia esternamente e internati, tra chi è cieco e chi ancora non lo è diventato e tra ciechi, ma tutte sono fondate sullo stesso meccanismo: l'egoismo e la volontà di salvare sé stessi prima degli altri anche se questa salvezza è solo un'illusione. Non sto a descrivere tutto quello che accade nel manicomio, va letto, l'unico commento che posso fare riguarda il realismo della situazione narrata: sono convinta che queste siano esattamente le dinamiche che si creano tra persone che si trovano ad affrontare una situazione drammatica, ovvero il tentativo di prevaricare gli uni sugli altri anche quando l'unica speranza di salvezza sarebbe cooperare.
La seconda parte si svolge all'esterno del manicomio e ci mostra la lotta per la sopravvivenza nel mondo ormai diventato interamente cieco, in cui le uniche priorità nella vita di ciascun individuò è trovare del cibo e un riparo.
In tutto questo ho evitato di fornire un'informazione essenziale al fine di comprendere ciò che avviene nel romanzo ma che potrebbe essere uno spoiler per chi volesse godersi la storia senza alcun tipo di anticipazione: uno dei personaggi che seguiamo per tutta la storia, ovvero la moglie del medico, è l'unica persona che conserverà la vista per tutta la durata del romanzo, e sarà attraverso i suoi occhi che vedremo l'orrore in cui siamo immersi, aumentando ancora di più l'angoscia della situazione.
La conclusione del romanzo è stata quella che mi aspettavo sin dall'inizio, ma credo proprio che non avrebbe potuto concludersi altrimenti.
Cecità è un romanzo davvero sconvolgente, che colpisce come un pugno nello stomaco e obbliga ad immedesimarsi nei personaggi e a chiederci cosa faremmo noi nella stessa situazione; mi ha portato inoltre a fare molti parallelismi con gli avvenimenti della nostra attualità, perché ritengo che davvero faccia parte della natura dell'uomo mostrare il peggio di se nelle situazioni drammatiche e in cui ci sentiamo in pericolo. Fosse per me, proporrei di distribuirlo gratuitamente per strada, alle fermate degli autobus, al casello dell'autostrada, in stazione, ovunque, perché costringe a mettersi in discussione e a rendersi conto che forse non c'è bisogno di un'epidemia di cecità per far piombare l'umanità nella barbarie dell'egoismo.
Lettura: 08 - 19 settembre 2015
Ambientazione: -
La serie: #1 Cecità, #2 Saggio sulla lucidità
Oh, non sapevo che ci fosse una sorta di seguito! Me lo segno subito,
RispondiEliminaHo amato tantissimo questo libro, per quanto fosse dura da digerire tutta quella spietatezza e sapere che molto probabilmente le cose andrebbero realmente così...Fa riflettere tanto, ed è diventato uno dei miei libri preferiti di sempre!
Anch'io l'ho scoperto solo durante il Gdl e infatti credo proprio che lo leggerò (anche se non adesso, ho bisogno di riprendermi dal trauma).
EliminaDi Saramago ho letto solo Lucernario dal quale emerge lo stile particolare e l'unicità della trama, che porta alla riflessione. Cecità ha l'aria di essere davvero tosto, ma potrebbe essere interessante scoprire un autore premiato di questo tipo.
RispondiEliminaLucernario mi è stato regalato giusto il mese scorso, oltretutto per caso perché la persona che me l'ha portato non sapeva stessi leggendo Cecità. Sono molto curiosa di leggere altri romanzi di Saramago perché mi è piaciuto moltissimo il suo stile e mi ha colpito il modo in cui parla della natura dell'uomo attraverso la psicologia dei suoi personaggi; davvero fantastico.
EliminaBellissima recensione, questo libro è in assoluto il primo nella mia wishlist ed ora la voglia di leggerlo è aumentata. Di Saramago ho letto per ora solo "Caino", anche quello spettacolare, disturbante, che penetra in profondità. Bello bello :) un bacione!
RispondiEliminaSono contenta che ti sia piaciuta la recensione! Dai, leggilo, così poi mi fai sapere le tue impressioni!
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