Il pellegrinaggio in Oriente

(Die Morgenlandfahrt)
di Herman Hesse

Formato: Paperback, 96 pagine
Editore: Adelphi, 1973
Genere: Romanzo, Classico
Lettura n.: 17/2015
Preso da: Biblioteca
Inizio lettura: 02 febbraio 2015
Fine lettura: 04 febbraio 2015
Ambientazione: indefinita
Pubblicato: 1932
Links: aNobii, Goodreads
Voto: 10/10


Poiché la sorte mi ha concesso di essere presente a qualcosa di grande, poiché ebbi la fortuna di appartenere alla «Lega» e di essere uno dei partecipanti a quel viaggio singolare il cui prodigio sfolgorò a quel tempo come una meteora e cadde poi così stranamente presto nell’oblio, anzi nel discredito, mi sono risolto all’arrischiato tentativo di descrivere brevemente quel viaggio inaudito: un viaggio quale non era stato mai tentato da uomini dopo i tempi di Huon di Bordeaux e del folle Orlando fino alla nostra memorabile epoca, l’epoca torbida, disperata, eppure tanto feconda, che seguì la grande guerra.
incipit
Commento
In questa recensione vi parlo di un libro molto particolare scritto da un autore che ho amato moltissimo dopo il mio primo incontro con un suo romanzo e del quale mi ero sempre ripromessa di leggere altro. Finalmente l'ho fatto e si è rivelata un'esperienza meravigliosa.

Il pellegrinaggio in Oriente non racconta una storia come normalmente viene intesa, ovvero con un inizio, uno svolgimento e una fine. Il protagonista è Hesse stesso che all'inizio del libro ci rivela il suo obiettivo: scrivere il resoconto di una straordinaria esperienza da lui vissuta come membro di una fantomatica "Lega", ovvero un pellegrinaggio verso l'Oriente. In realtà questo pellegrinaggio viene descritto in modo estremamente vago sia perché Hesse protagonista afferma che il ricordo stia ormai sbiadendo, sia perché la Lega stessa gli vieta di rivelare i suoi segreti che sarebbero invece essenziali per raccontare degnamente il viaggio e permettere ad altri di comprenderlo. Così del pellegrinaggio ci rimane un'immagine vaga, fumosa: il protagonista attraversa con i suoi compagni luoghi ed epoche diverse, incontra artisti, personaggi politici e storici (sia a lui contemporanei, sia del passato) e condivide il viaggio non solo con queste personalità realmente esistite, ma anche con protagonisti e personaggi di romanzi che a volte si spostano in compagnia dei loro creatori. Ma questo racconto incredibile non termina qui: quando il resoconto del pellegrinaggio di interrompe, il romanzo sembra catapultarci nel presente del protagonista. Mentre fino a quel momento avevamo letto infatti le sue memorie di un'epoca passata, ora ci troviamo quasi a leggere il suo diario: un resoconto di quanto gli accadde dopo aver interrotto la narrazione.
Non si tratta in realtà di un vero e proprio diario, ma di un racconto temporalmente successivo a quello del pellegrinaggio che abbiamo letto fino a quel momento ma scritto comunque al passato, come se noi ci trovassimo a leggere un libro interrotto e poi ripreso successivamente al verificarsi degli eventi che ne avevano provocato l'interruzione. Non so se sono stata molto chiara, è difficile da spiegare ma in realtà lo è tutto il romanzo: è troppo astratto e ingarbugliato per essere raccontato come si deve. Va letto e basta.

Per l'intera durata del romanzo l'atmosfera è onirica: sembra proprio di essere immersi in un sogno dove tempo e spazio non hanno più alcuna validità. E' un libro meraviglioso che merita di essere letto (e riletto: è il classico libro che ad ogni rilettura fa scoprire qualcosa di nuovo) anche solo per godersi l'abilità disumana di Hesse nello scrivere qualcosa di così astratto. Il mio consiglio è quello di leggerlo, almeno la prima volta, senza cercare di capirci troppo ma affidandosi alla penna dell'autore e lasciandosi trasportare dalle immagini che evoca e dalle sue parole.

Il racconto mi riesce anche difficile perché non camminavamo soltanto attraverso spazi, ma anche nei tempi. Andavamo in Oriente, ma andavamo anche nel Medioevo o nell'età dell'oro, perlustravamo l'Italia, o la Svizzera, ma ogni tanto pernottavamo anche nel secolo decimo e abitavamo coi patriarchi o con le fate.
C'erano tra noi molti artisti, molti pittori, musicisti, poeti, c'era l'ardente Klingsor e l'irrequieto Hugo Wolf, il laconico Laucher e il brillante Brentano. Ma se anche questi artisti o alcuni di essi erano uomini molto vivi e amabili, i personaggi da loro inventati erano invece senza eccezione molto più vivi, più belli, più allegri e in certo modo più giusti e reali degli stessi poeti e creatori.

Sfide: Mini-recensioni, Sfida extralarge, Sfida grammaticale, Sfida infinita, Sfida tutti diversi

4 commenti:

  1. Sai che l'ho letto troppo tempo fa, ne conservo un'ottima impressione, ma non ricordo quasi nulla?! Probabilmente per gli stessi motivi che hai tentato di spiegare tu nel post!
    Potrebbe essere una futura rilettura! ^^

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    1. Si, secondo me è assolutamente uno di quei libri che vanno riletti, perché obiettivamente ad una prima lettura non si capisce nulla!!! ^_^ Tra parentesi ho appena riletto anche il post e si capisce ancora meno.. =D =D

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    2. Ah ah ah! Ma non è vero! Il post è ottimo perché riesce a trasmettere perfettamente quello che vuoi raccontare a proposito del libro! A me, almeno, ha fatto un bell'effetto! ^^

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  2. L’ho appena finito e penso di non aver mai letto un libro così strano(in senso buono), forse solo lo Zarathustra nasconde qualcosa di ancora più profondo

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