[Recensione ]Al sassofono blu, di Serena Venditto

Sembra un angelo caduto dal cielo,
com'è vestita quando entra al Sassofono Blu.
Ma si annoia appoggiata a uno specchio,
tra fanatici in pelle che la scrutano senza poesia

Nada, Amore Disperato

E invece con Al Sassofono Blu di Serena Venditto, secondo volume (ma anche questo totalmente autoconclusivo) della serie che vede protagonisti gli inquilini di Via Atri, non ci si annoia mai.

Questa volta l'avventura sorprende i protagonisti ad una cena con delitto, dove uno degli attori improvvisamente crolla a terra senza vita. Chi è stato? Ma soprattutto, come ha fatto a compiere un omicidio in una sala piena di gente senza farsi individuare? Ovviamente Malù, l'archeologa con la passione per i gialli, si lancia a capofitto nell'indagine; peccato che il commissario De Iuliis, chiamato ad indagare, non sia particolarmente felice che dei civili si mettano a ficcare il naso e ad intralciare le indagini della polizia.

Esattamente come per gli altri due romanzi della serie - Aria di Neve, sempre edito Homo Scrivens, e L'ultima mano di burraco, pubblicato nel 2019 da Mondadori - l'elemento vincente sono i personaggi, che di romanzo in romanzo prendono sempre più corpo e non mi stupirei se un giorno mi saltassero improvvisamente fuori dalla pagina; Malù, Ariel (voce narrante del romanzo che per lavoro traduce romanzi d'amore brutti), Samuel (fascinoso rappresentate di gelaterie di origini sardo-nigeriane), Kobe (pianista giapponese dall'animo poetico ma dalla grammatica devastante) e Mycroft (sì, anche il gatto) sono di una simpatia irresistibile. Ma i personaggi non finiscono qui: Napoli è la sesta protagonista della serie e l'autrice riesce a trasferire perfettamente tra le pagine lo spirito e l'atmosfera di questa città, attraverso piccoli scorci di vie e di quartieri sparsi per tutto il romanzo.

E il giallo? Il giallo è divertentissimo da seguire, anche perché Malù ha i dei metodi di indagine decisamente non convenzionali, che le permettono però di intrufolarsi dove a volte la polizia non riesce. E poi ha Mycroft, che da bravo gatto ama curiosare in giro ed è attratto dai dettagli atipici; ammetto però che la trama gialla in questi romanzi per me cade addirittura in secondo piano, talmente sono assorta nel godermi i personaggi, i loro dialoghi esilaranti e le situazioni decisamente avventurose in cui finiscono

Mi sembra abbastanza chiaro che io sia diventata ormai una fedelissima di questo gruppo di scapestrati, che ad ogni episodio mi conquistano sempre di più.

Copia fornita dall'editore

[Recensione] L'ultimo carnevale, di Paolo Malaguti

È una città ormai definitivamente morta la Venezia che ci si apre davanti agli occhi in "L'ultimo Carnevale" di Paolo Malaguti. Siamo nel febbraio del 2080, Venezia è stata svuotata di tutti i suoi abitanti e dei suoi monumenti, l'acqua invade ormai le calli e la città è stata trasformata in un Parco turistico che i visitatori, sotto il controllo delle guide, possono esplorare solo restando all'interno di percorsi ben definiti; tutto il resto sono le spoglie abbandonate di una città fantasma. 

In questo scenario, il giorno di martedì grasso, si intrecciano le storie dei personaggi protagonisti del romanzo: una guida al primo giorno di lavoro, due guardiani, un anziano con una misteriosa missione da compiere e una giovane resistente (così si chiamano i gruppi contrari alla chiusura di Venezia), in procinto di mettere in atto quello che potrebbe essere l'attacco di protesta definitivo, forse l’ultimo.

La ricostruzione di questa Venezia a tratti quasi distopica è davvero affascinante: l’autore riesce nell’impresa di rendere estremamente realistica quella che immagina possa essere la deriva futura del destino di questa città grazie alla minuziosa ricostruzione del percorso che, dalla situazione odierna, l’ha infine portata a diventare Parco, a colpi di decreti, battaglie legali e burocrazia. E’ un lavoro che mi ha molto colpito perché risolve quello che da sempre è il mio problema con molti romanzi distopici o simil-distopici: non si capisce mai come si sia arrivati alla situazione disastrata in cui è ambientata la storia. Qui invece la ricostruzione è davvero dettagliata. Forse troppo, perché pur essendo frutto di uno sforzo meritevole e che ho apprezzato moltissimo, il continuo inserimento di digressioni dedicate a questi aspetti rallenta il ritmo della narrazione, che inizia ad ingranare solo una volta superata la metà del libro.

L’autore è un eccellente descrittore, riesce davvero a farti sentire l’umidità della laguna sulla pelle, a farti immaginare le calli invase dall'acqua e avvolte dalla nebbia. C'è una bellissima scena che si svolge appunto tra le calli e all'interno di alcune case abbandonate, in cui si creano anche momenti emotivamente molto d'effetto, che sarebbero stati perfetti per un calo di tensione dopo un momento particolarmente ansiogeno. In realtà il dedicare così tanto spazio alla spiegazione “politica” smorza in parte queste situazioni e fa sì che non venga sfruttato appieno ciò che un’ambientazione così caratteristica avrebbe potuto offrire in termini di tensione, azione e mistero.

Rimane un libro davvero molto affascinante, dal quale Venezia spicca come indiscussa protagonista principale - il che è quasi paradossale se pensiamo che si tratta di un personaggio fondamentalmente morto (almeno nel romanzo, ovviamente). Meritevole anche il finale, che rimane a mio parere in perfetta sincronia con il realismo che caratterizza l'intero romanzo.

Copia pdf ricevuta per recensione


[Recensione] Greta e le altre. Un pianeta da salvare


Chi è Greta Thunberg? Ce lo racconta Fulvia Degl’Innocenti nel libro “Greta e le altre. Un pianeta da salvare” edito Settenove e in libreria dal 5 settembre. In questa biografia rivolta ai ragazzi la voce narrante è quella di Astrid, una giovane “giornalista in erba” che incuriosita dalla figura di Greta e dal suo attivismo decide di intervistarla per il blog della scuola e la avvicina durante i suoi scioperi davanti al Parlamento svedese. Con questo espediente l’autrice ci racconta la storia di Greta, figlia di una cantante lirica e di un attore, nipote nientemeno che di un Nobel per la chimica (Svante Arrhenius, che vinse il prestigioso premio nel 1903 evidenziando per primo il rapporto di causa/effetto tra combustione fossile e riscaldamento globale). 

La storia di Greta, la nascita del suo interesse per l’ambiente (che contrariamente alle aspettative no, non le è stato trasmesso dalla famiglia), la sua caparbietà nello scioperare, il suo coraggio nel tenere discorsi importanti di fronte agli uomini e alle donne più potenti del pianeta rappresenta lo spunto per citare altre ragazze che con le loro azioni hanno contribuito - o stanno contribuendo - a diffondere consapevolezza e a rendere migliore il nostro mondo. Grazie a questo libro ho ripassato la storia di Julia Hill (di cui avevo già parlato nella recensione di Julia e la Sequoia) e di Malala Yousafzai; scoperto le figure di Cullis Suzuki (se non la conoscete guardate il video del suo discorso al Summit per il Clima di Rio nel 1992. Riempie di amarezza pensare che oggi, nel 2019 abbiamo soltanto peggiorato la situazione), Alexandria Villasenor, Nadia Murad, Ariane Benedikter. Tutte ragazze giovanissime che hanno lottato e continuano a lottare ma che non possono farlo da sole.

Da quel primo giorno passato seduta di fronte al Parlamento, Greta ne ha fatta di strada: l’anno scorso ha tenuto un discorso alla Conferenza mondiale del Clima a Katowice, a lei si sono ispirate le marce e gli scioperi per il clima di “Friday for Future”. In questo momento, mentre io scrivo, sta manifestando a New York davanti alla sede ONU, che ha raggiunto attraversando l’Atlantico in barca a vela: nessuna difficoltà per una ragazzina (e uso questo termine con tutta l’ammirazione e il rispetto che provo per lei) che per raggiungere Katowice ha viaggiato da sola in treno per trenta ore dormendo in tenda nelle attese tra un treno e l’altro in luoghi dove le temperature scendevano anche a -15°. 

Sono sempre estremamente felice quanto ho la possibilità di dedicare spazio a libri che parlano ai ragazzi di temi attuali in modo chiaro, approfondito ma allo stesso tempo con un linguaggio e un'impostazione che li coinvolga. Credo che "Greta e le altre" rispetti pienamente queste caratteristiche e vi invito anche a consultare il sito della casa editrice Settenove: scoprirete un catalogo ricchissimo e con la chiara missione di affrontare i temi più caldi del nostro tempo, diffondere fin dall'infanzia l'educazione al rispetto e promuovere l'abbattimento degli stereotipi.

Avevo otto anni quando questa cosa di dover essere protetta dalle cose brutte ha cominciato a farmi arrabbiare. Io volevo sapere, capire.

Copia Pdf ricevuta per recensione


[Recensione] Una nuova vita, di Roger Rosenblatt


Novembre 2008. A pochi giorni dal Natale, lo scrittore Roger Rosenblatt e la moglie Ginny ricevono la notizia della morte della figlia Amy, 38 anni, medico, sposata e mamma di tre bambini di 1, 5 e 6 anni. Da quel giorno per la famiglia tutto cambia: i nonni si trasferiscono a casa del genero per aiutarlo a badare ai bambini, si instaurano nuovi ritmi, nuove piccole abitudini. Dove prima c'era la mamma, adesso ci sono la nonna, le zie, le amiche dei genitori.

E lentamente questa famiglia va avanti, sopravvive ad un dolore che è difficilmente descrivibile a parole e del quale infatti Rosenblatt non parla mai apertamente, ma che emerge dagli eventi quotidiani ("sto vivendo la vita di Amy" dice ad un certo punto Ginny Rosenblatt al marito, e in questa frase c'è tutta l'innaturalità della loro situazione), dalle frasi che ogni tanto i bambini si lasciano sfuggire, dall'incapacità di Roger Rosenblatt di ascoltare l'ultimo messaggio lasciato da Amy sulla segreteria telefonica del fratello.

Ma nonostante tutto, questo non è un libro di dolore, che lascia con un peso sul cuore. Anzi. Lascia tanto spazio alla positività, ai buffi anedotti con i bambini, ai momenti di serenità, ai piccoli successi di ogni giorno. E soprattutto è un libro che guarda al futuro, ben sapendo che - almeno per gli adulti - la vita non sarà mai più la stessa e il lutto non sarà mai davvero superato. Ma nonostante questo nessun membro della famiglia si ferma. Da una parte c'è il desiderio di creare una nuova normalità per i bambini e di proteggerli per far sì che questo enorme vuoto lasciato dalla perdita della loro mamma non sia un freno per la loro crescita, dall'altra c'è l'amore reciproco di questa famiglia che si stringe e si supporta costantemente.

Apro una piccola parentesi sul titolo, che trovo perfetto e bellissimo: nonostante il dolore, la rabbia e il vuoto immenso, la vita di questa famiglia non finisce, si rinnova. E credo che questo sia un enorme faro che illumina anche i momenti più bui.


[Recensione] Rosemary's Baby


Due giovani sposi, Guy e Rosemary, si trasferiscono nel loro nuovo appartamento in uno dei più prestigiosi edifici di New York. Lui è un attore che attende la sua grande occasione, lei una casalinga che sogna di diventare una brava moglie e madre di tanti bambini. I loro vicini, i Castavet, un’anziana coppia un po’ invadente ma tanto gentile, si prodigano fin da subito per farli sentire a loro agio, e tra un invito a cena e favori non richiesti, si insinuano sempre più profondamente nella vita di Rosemary.

Complici alcune strane coincidenze e delle dicerie piuttosto inquietanti, Rosemary si fa sempre più convinta che qualcosa di strano avvenga nel palazzo e che i coniugi Castavet siano in realtà più interessati al bambino di cui nel frattempo è rimasta incinta. Sarà vero o sono tutte paranoie?

Non ho intenzione di dire una parola in più, perché non sapere cosa vi aspetta è il segreto per godersi al massimo questa storia, il cui punto forte è senza dubbio la gestione della tensione attraverso il ritmo narrativo che è a dir poco perfetto; un’escalation regolare ma sempre più frenetica che porta a divorare le ultime pagine perché alla disperata ricerca della risposta: è Rosemary ad essere pazza oppure i suoi sospetti sono fondati? Inoltre il romanzo non soffre del problema tipico dei thriller (avete presente? costruiscono chissà quali aspettative, la tensione sale, sale, sale e poi… tutto si sgonfia in un finale affrettato, che sembra “buttato lì” e che delude enormemente proprio per il contrasto nella gestione del ritmo narrativo tra le ultime pagine e tutto il resto del libro) perché la conclusione, nonostante non mi abbia del tutto convinta dal punto di vista della trama, è gestita in maniera eccellente dal punto di vista tecnico: all’apice della tensione tutto si ferma, come in un limbo, una stasi del tutto inaspettata e spiazzante e poi le battute finali, che lasciano letteralmente a bocca aperta.