Autore: Carlo Lucarelli
Anno di pubblicazione: 1997
Editore: Einaudi
Pagine: 194
Iniziato il: 03 giugno 2012
Terminato il: 04 giugno 2012
Valutazione: ★★★★
Il primo carabiniere che entrò nella stanza scivolò sul sangue e cadde su un ginocchio. Il secondo si arrestò sulla soglia come sul bordo di una buca, agitando le braccia aperte, per lo slancio.
Madonna Santa! urlò, serrando le guance tra le mani, poi si voltò e corse nel pianerottolo e giù per le scale e oltre la porta e fuori, nel cortile del palazzo, dove si aggrappò al cofano della Punto bianca e nera e si piegò in avanti, spezzato in due da un conato violento.
(incipit)
Prima di esserne “costretta” dalla sfida del mistero non avevo mai letto un romanzo noir e non avevo nemmeno ben chiaro quale fosse la differenza tra questo genere e il classico giallo; avevo anzi il pregiudizio, dimostratosi del tutto infondato, che il noir dovesse per forza contenere una violenza più esplicita e magari essere anche un po’ più “splatter”. Fortunatamente non è stato così, anzi ho scoperto un romanzo avvincente, quasi poetico (quando la voce narrante è Simone) e molto introspettivo.
La storia è narrata da tre punti di vista: quello di Grazia, un’investigatrice che sta indagando su una serie di omicidi, Simone, un ragazzo cieco che l’aiuta nelle indagini e l’Iguana, il serial killer che uccide gli studenti universitari a Bologna. Non voglio svelare nulla della trama perché merita davvero di essere goduta senza alcun tipo di anticipazione, mentre devo assolutamente dire quanto Lucarelli mi abbia stregata con la sua abilità di scrittore: gli omicidi sono efferati ma non vengono mai descritti in modo cruento o dettagliato, l’identità dell’assassino è rivelata fin da subito ma la suspance è prolungata per tutta la lettura; la sua capacità di parlare di due mondi così “astratti” come possono essere quello di una persona cieca e di un malato di mente è incredibile e se i capitoli narrati dal punto di vista dell’Iguana erano inquietanti e completamente neri, quelli raccontati da Simone sono vividi, pieni di colori anche se i suoi hanno un senso totalmente diverso dal nostro. Infine la descrizione che fa dei Bologna è cupa e ammaliante: la città avvolge il lettore nelle spire delle sue strade, vicoli, portici e giardini e la sua presenza si sente viva e forte per tutta la durata del romanzo.
Da non dimenticare, il Jazz: verso metà libro ho avuto la brillante idea di proseguire la lettura con “Almost Blue” di Chet Baker, canzone che dà il titolo al romanzo e che ne è sottofondo naturale. Il risultato è stato pazzesco, avevo quasi la pelle d’oca. Inutile dire che approfondirò senza dubbio la bibliografia di questo autore.
Improvvisamente la sento.
Non me l’aspettavo ma la sento, annunciata da un raschiare sottile che vibra viola nell’aria in un momento strano di silenzio.
Almost Blue.
E il sax che la inizia. Un assolo che arriva dal nulla, quando ormai mi ero dimenticato che ci fosse, lento e discreto come un sussurro. Subito dopo ecco la tromba, lenta anche lei e discreta, soffiata dentro il sax che ci si avvolge attorno come la carta in un regalo, un regalo blu, denso e rotondo come una palla di gomma da tenere in mano.